Assunto in Apple a 22 anni: da Nichelino a Cupertino, la storia di Simone

Apple ha sempre guardato con attenzione l’Italia: sono diverse le storie che riconducono la Mela al nostro Paese, non ultima la visita di Tim Cook a Milano, all’Università Bocconi, per il suo primo speech in una università al di fuori dell’America, ma annoveriamo anche la nuova futura apertura dell’Apple Store in zona Duomo, un desidero che già Steve Jobs aveva espresso, senza contare anche il successo di Luca Maestri, uno dei dipendenti meglio remunerati di Apple. Oggi però la storia riguarda Simone Di Pierro, un altro italiano, giovanissimo, di appena 22 anni, che da Nichelino è volato a Cupertino per continuare a programmare software.

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Al quotidiano italiano La Stampa, Simone ha raccontato la propria storia, dalla casa di Nichelino fino all’appartamento da 70 metri quadrati di San José, vicino Infinite Loop, il campus di Apple: «Mi reputo un giovane che non ha potuto trovare lavoro in Italia. Un lavoro che mi valorizzasse in pieno e mi rendesse felice. Apple è un’azienda fantastica, un posto favoloso che incarna lo spirito americano, dove tutti sono friendly, amichevoli, e ognuno è rispettato per quello che fa. Non importa se sei un magazziniere o il più bravo dei programmatori: tutti sanno che stai dando il meglio di te» ha raccontato Simone Di Pierro, che nel 2011 si è diplomato all’istituto tecnico Maxwell di Nichelino, in provincia di Torino, e che nel 2013 ha iniziato lo sviluppo di un’applicazione realizzata nel periodo di lavoro presso Ibm. Con il suo progetto era possibile trasformare, all’occorrenza, gli smartphone in mouse. Dopo tre mesi di stage ha firmato un contratto di un anno, il giorno del funerale di suo padre: un giorno che gli ha dato emozioni agli antipodi, ma che gli ha permesso di continuare a lavorare sulle orme del padre, programmatore di computer morto a 56 anni per un cancro al fegato.

«A 11 anni ho ricevuto il mio primo computer, era un modello Olivetti con Windows Ms Dos. Preistoria insomma. Dopo dieci giorni l’avevo già smontato. Poi però non riuscivo più a rimetterlo insieme. Poco per volta mio papà mi ha insegnato ad aggiustarli. Alle medie mi hanno regalato il primo telefonino. Dopo qualche giorno me l’hanno rubato». Poi l’esperienza nel nuoto, che lo ha temprato fisicamente e mentalmente. È stato quando Ibm lo ha mandato a Las Vegas a presentare la sua app a tutto il mondo che la sua storia è cambiata. Simone viene avvicinato da un rappresentante di Apple che gli propone di lavorare per loro e la risposta è chiara e univoca: «sì». Ora ha un contratto a tempo indeterminato e sulle spalle un caffè con Tim Cook, poi l’attesa della green card, ma il suo lasciapassare per l’America ce l’aveva e ce l’ha già: era la creatività, quel quid pluris che l’Italia ha sempre saputo offrire a tutto il resto del mondo. E intanto Simone Di Pierro cita anche il suo film preferito: «Non permettere a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa». Come diceva Will Smith a suo figlio in La ricerca della felicità di Muccino.

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