Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google hanno speso cifre record in varie lobby di supporto politico nel corso del 2019, con Apple che ha investito 7,4 milioni di dollari.
Dai documenti pubblici condivisi in queste ore, emerge che Apple ha speso 700.000 dollari in più rispetto ai 6,7 milioni investiti in lobby nel 2018. Nel 2017, l’azienda spese circa 7,2 milioni di dollari.
La cifra di 7,4 milioni di dollari investita nel 2019 è quindi un record per Apple, che ha quindi deciso di aumentare i suoi sforzi nelle lobby di supporto politico negli Stati Uniti.
Anche se in Italia spese di questo tipo possono sembrare alquanto strane, negli Stati Uniti tutte le aziende medio-grandi investono parte dei loro proventi in lobby di vario tipo. Apple tende a evitare le battaglie politiche, ma la società ha sempre supportato le lobby legate a questioni di importanza sociale e finanziaria. Lo stesso Tim Cook ha guidato queste attività di lobbying costruendo un rapporto stretto con il presidente Donald Trump.
Tali sforzi sembrano comunque aver portato dei risultati, come dimostra il fatto che Trump aveva eliminato Apple dalle aziende colpite dai dazi cinesi. Ultimamente, il rapporto si è un po’ incrinato a causa della diatriba tra sicurezza nazionale e privacy, ma come spesso accade si tratta quasi sicuramente del classico gioco delle parti per spingere l’opinione pubblica da una parte o dall’altra.
Al di là degli sforzi personali di Cook, nel 2019 Apple ha assunto un lobbista pro-Trump per le questioni commerciali legate alla Cina. Apple ha anche fatto pressioni in merito ai diritti sulla privacy dei consumatori e sulle cosiddette iniziative legate al “diritto alla riparazione” di cui tanto si sta parlando negli Stati Uniti.
L’investimento di Apple per il 2019 è stato inferiore rispetto a quelli di Facebook, Amazon e Google, che hanno speso rispettivamente 16,7 milioni, 16,1 milioni e 11,8 milioni di dollari nello stesso periodo. La spesa di Google è notevolmente diminuita rispetto ai 21,7 milioni di dollari del 2018.
L’aumento della spesa si spiega con il crescente controllo delle aziende Big Tech, soprattutto per quanto riguarda i problemi antitrust.