Apple e gli altri giganti tech dovranno pagare le tasse in ogni singolo paese in cui operano

L'OCSE mette in piedi un piano che obbligherà tutte le multinazionali a pagare le tasse nei singoli Paesi in cui vengono venduti prodotti e servizi.

In un futuro non molto lontano, Apple e gli altri giganti della tecnologia dovranno pagare le tasse in ogni paese in cui vendono prodotti e servizi. Addio escamotage per cercare di pagare le tasse quasi totalmente nei paradisi fiscali.

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha annunciato i piani che prevedono l’obbligo per tutte le aziende tech di pagare le tasse in ogni singola nazione in cui operano. L’accordo è stato siglato da oltre 130 paesi che concordano sulla necessità di una riforma fiscale globale. Apple, ad esempio, non potrà più incanalare i profitti di tutti gli Apple Store europei in Irlanda per evitare di pagare le tasse nei paesi in cui i prodotti sono stati effettivamente venduti.

Come sottolineato da Reuters, i giganti della tecnologia hanno spinto al limite le attuali norme fiscali in quanto molte aziende registrano legalmente profitti e parcheggiano beni come marchi e brevetti in paesi a bassa tassazione come l’Irlanda, indipendentemente da dove si trovino i loro clienti:

Oltre 130 paesi hanno concordato che una riscrittura delle norme fiscali risalente in gran parte agli anni 1920 è necessaria e hanno incaricato l’OCSE con sede a Parigi di presentare alcune proposte.

La questione della tassazione delle grandi multinazionali transfrontaliere è diventata ancora più urgente in quanto un numero crescente di paesi ha adottato piani per imporre le proprie imposte sulle società digitali in assenza di un accordo globale.

L’attuale sistema è sotto stress e non sopravvivrà se non vengono eliminate le tensioni.

È probabile che l’Irlanda perderà molte entrate fiscali a causa di queste modifiche, ma la maggior parte dei paesi ne trarrà beneficio, poiché le società pagheranno le tasse in ciascuna nazione in base ai profitti ottenuti dalle loro vendite locali. Per garantire condizioni di parità, tutti i firmatari applicheranno una formula fiscale standard all’accordo, sulla base di una percentuale degli utili delle vendite locali.

Un problema con questo tipo di approccio, però, è che le aziende possono utilizzare la contabilità creativa per affermare di non aver realizzato profitti sulle vendite effettuate in determinati paesi. Una tattica comune usata da molte multinazionali è quella di far pagare alle filiali locali canoni di licenza a un quartier generale globale per l’uso della proprietà intellettuale, in modo tale che questi costi vadano a cancellare i profitti locali. In alcuni casi, queste commissioni sono pagate ad entità che si trovano nei paesi offshore e in cui non è dovuta alcuna imposta sulle società.

Per evitare tutto questo, verrà elaborato un processo di riforma separato con aliquote minime di imposta sulle società che le aziende al di sopra di una determinata dimensione devono pagare, indipendentemente dagli utili o dalle perdite che dichiarano di aver realizzato all’interno dei singoli paesi.

Apple è attualmente in attesa di una decisione in merito al suo appello contro una sentenza della Commissione Europea in base alla quale l’azienda deve pagare all’Irlanda 13 miliardi di euro in imposte arretrate dopo che il paese ha offerto aliquote considerate illegali, in cambio di investimenti nel paese da parte di Apple.

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