Intervistiamo la Hungry Nerdz, software house nata da un corso universitario!

La software house Hungy Nerdz ha catturato la nostra attenzione, non solo perchè si tratta di un gruppo di giovani italiani, ma anche perchè l’idea di creare questo team è nata nelle aule universitarie, durante un corso di Videogame Design And Programming tenuto dal Prof. Lanzi all’interno della facoltà di Laurea Magistrale in Ingegneria Informatica. Il primo progetto è già disponibile su App Store e ne abbiamo parlato in questo articolo. Oggi, però, vogliamo conoscere meglio questi ragazzi.


1. Come è nata la Hungry Nerdz e da chi è composta?

La Hungry Nerdz è nata proprio dal progetto, dall’idea stessa di Dirty Little Bunnies. Le regole del corso in Videogame Design and Programming tenuto dal prof. Pier Luca Lanzi infatti prevedono che siano gli studenti stessi a chiedere di poter lavorare al game concept che più gli è piaciuto, tra quelli disponibili. Benchè frequentassimo tutti la stessa facoltà non ci conoscevamo prima del corso, l’unica cosa che avevamo in comune era il fatto di credere che l’idea dalla quale è nato il gioco fosse un’idea vincente.
Ovviamente non tutti i team di sviluppo funzionano come dovrebbero e restano affiatati. Noi fortunatamente abbiamo riscontrato fin da subito un buon feeling e siamo riusciti a creare un rapporto professionale e di amicizia attraverso serate o addirittura nottate passate a lavorare per un obiettivo comune. I membri del team sono quattro: Cristiano Pedersini (ideatore, sviluppo, musiche), Sergio Andaloro (sviluppo, grafiche), Roberto Carettoni (sviluppo), Valerio Ceraudo (sviluppo, grafica).

2. Si tratta quindi di una software house “giovane”: come è stato passare dallo studio alla pratica?

Da un punto di vista strettamente pratico il background che il Politecnico di Milano ci ha fornito è stato fondamentale, fortunatamente avevamo già le competenze che
ci servivano. Molti potrebbero pensare che sviluppare un gioco sia divertente al pari di giocarlo, tuttavia non sempre è possibile unire l’utile al dilettevole. Gli aspetti più impegnativi sono stati sicuramente i vincoli in termini di tempo e di quantità di codice da produrre per ottenere un prodotto finito, anche se non completo, entro la fine del corso. Dal punto di vista del design, abbiamo invece dovuto confrontarci con problematiche del tutto nuove e più concettuali, soprattutto per tarare la difficoltà del gioco seguendo i feedback raccolti con lo user testing. Grazie alla teoria studiata nel corso di VDP siamo riusciti infine a risolvere anche questi problemi. L’idea di poter creare per la prima volta qualcosa di nostro, di divertire con il videogame che avevamo in mente è stato un continuo stimolo durante questa esperienza.

3. Quando è nata l’idea di sviluppare un gioco piuttosto che un’app?

L’idea di sviluppare un videogame è strettamente legata all’obiettivo del corso, che tratta appunto di game design. L’aspetto che ci ha subito convinti a scegliere quel corso e proseguire addirittura oltre, fino alla pubblicazione del gioco, è stato il messaggio trasmesso nella lezione introduttiva: tutte le idee sono buone ed i videogame indipendenti più di ogni altra cosa ne sono la prova, non servono grossi investimenti ma un’idea brillante. Perchè non sfruttare questa possibilità? Mettiamo alla prova le nostre idee e testiamole sul campo!

4. Quanto è stato difficile mettere in pratica ciò che avevate imparato?

Essenzialmente si è trattato di trovare la pazienza e la costanza nell’apprendere i nuovi strumenti e linguaggi di lavoro, cosa che siamo abbastanza abituati a fare in ambito accademico. Per applicare invece i concetti teorici di game design è stato necessario un po’ più di impegno, in quanto questo aspetto rappresenta la componente più “artistica” del lavoro. Non sempre è possibile ottenere la user experience immaginata nella fase di ideazione del gioco e ciò richiede minuziosi rifiniture.

5. Come valutate il sistema App Store?

Rigido e inflessibile. Abbiamo avuto non pochi problemi per soddisfare i vincoli stringenti imposti dalle politiche di Apple. In particolare, essendo il nostro gioco idealmente ambientato all’interno del dispositivo, avevamo utilizzato degli elementi grafici di iOS, profondamente modificati ed adattati allo stile “cartoon” del gioco. L’App Store tuttavia ha più volte rifiutato il nostro gioco perchè usava elementi grafici troppo simili a quelli delle app ufficiali Apple. Abbiamo in seguito modificato non poco l’interfaccia per poter far approvare il gioco, anche se sembra quasi ridicolo che perfino un semplice layout a griglia è considerato dai revisori Apple troppo simile alla Springboard di iOS, tanto da essere rifiutato.

6. Che consigli dareste ad altri giovani come voi che vogliono tuffarsi in questa avventura?

Non aver timore di mettere in pratica le proprie idee. Il tempo per lavorare ad un progetto del genere, oltre agli impegni universitari, non è mai abbastanza. Molte idee, spesso brillanti, nascono in ambito universitario ma vengono poi dimenticate per mancanza di tempo e risorse. Anche piccoli progetti come questo rappresentano una magnifica possibilità per ottenere visibilità e forse successo, sprecarla sarebbe un peccato. Perciò buttarsi ed avere pazienza senza lasciarsi scoraggiare dagli interminabili ostacoli sono ingredienti fondamentali!

7. Che ruolo ha avuto il Politecnico di Milano e in particolare il professor Lanzi?

Il professor Lanzi è stata la persona che più ci ha sostenuto nell’andare fino in fondo, dandoci suggerimenti ed opinioni dalle prime fasi di sviluppo del videogame fino alla sua pubblicazione finale, fornendoci non solo la sua esperienza di docente ma anche strumenti e testi da utilizzare. Sicuramente senza l’opportunità del corso in Videogame Design and Programming non avremmo mai pensato di cominciare un progetto simile, è stato un ottimo stimolo ed un banco di prova, anche se ovviamente rifinere i particolari dell’app per la pubblicazione ha richiesto uno sforzo ulteriore.

8. Come erano strutturate le lezioni e il corso?

Il corso ha una struttura non convenzionale, si discosta molto da un classico corso universitario. Lezioni teoriche si alternano con interventi esterni da parte di aziende
del settore e tutorial pratici tenuti da altri sviluppatori. Parallelamente gli studenti devono sviluppare i videogiochi rispettando scadenze che rispecchiano le classiche fasi di sviluppo di un prodotto software. All’inizio del corso ogni studente sottomette un proprio game concept. I concept vengono poi votati anonimamente dagli studenti e dagli esperti del settore coinvolti nel corso. Solo i game concept più’ votati sono sviluppati; ogni studente chiede così di partecipare allo svilupparo del concept che preferisce tra quelli vincenti e può venire accettato o meno dal team leader, colui che aveva proposto quel determinato concept. Ad ogni deadline ogni team deve presentare il prototipo
sviluppato fino a quel momento ed i guest lecturer, assieme agli altri studenti, concorronno a valutarlo. La valutazione finale sarà data dalla somma di tutte queste valutazioni parziali opportunamente pesate più una frazione riservata al docente. Ovviamente il prototipo finale deve essere funzionante e garantire almeno 20 minuti di gameplay.

9. Avete altri progetti per il futuro?

Per ora siamo sommersi dagli impegni universitari, tra corsi e progetti di scambio internazionale. Il nostro sogno è quello di continuare a sviluppare videogiochi
indipendenti, possibilmente insieme, migliorando con l’esperienza la qualità dei nostri prodotti. Continuare a mettere alla prova idee sempre nuove resta per noi la sfida più allettante, sperando magari di riscuotere un po’ di successo. 

Grazie!

Infine, ricordiamo che tipo di gioco hanno creato:

Dirty Little Bunnies è il primo gioco interamente ambientato dentro il tuo dispositivo, con16 livelli, ognuno realizzato in una differente applicazione, 3 diversi tipi di conigli che vi faranno diventare pazzi, 5 bonus che vi aiuteranno a scacciarli via, musiche e suoni originali e possibilità di sfidare gli amici a chi ottiene il punteggio migliore.

L’obiettivo del gioco è impedire che i conigli che hanno invaso il device si riproducano. Ogni livello è ambientato all’interno di un’applicazione, e per superarlo il giocatore deve riuscire a resistere per un determinato tempo senza che il numero dei conigli cresca fino ad un certo limite (indicato in ogni livello dalla barra colorata superiore).

Se i conigli di colore diverso si incontrano, si accoppiano e generano un figlio: il giocatore può impedirlo toccando i conigli e cambiandogli colore, o utilizzando i bonus che verranno introdotti con il progredire dei livelli (lo slide permette di dividere due conigli che si stanno accoppiando prima che generino un figlio, il rallenty permette di rallentare il livello per qualche secondo, il coniglio gonfiabile “distrae” i conigli, il terremoto stordisce tutti i conigli e divide quelli che si stavano accoppiando, la trappola permette di liberarsi definitivamente
di un coniglio).

Esistono anche due conigli speciali: il coniglio eccitato, che si muove e si acoppia più velocemente, e il coniglio ciccione che si muove più lentamente, ma genera due figli invece che solo uno.

Dirty Little Bunnies è disponibile su App Store al prezzo di 0,79€.

 

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