iPhone e rischio privacy, ecco i super-aggregatori

Su Repubblica.it è stata pubblicata una interessante intervista ad Aldo Cortesi, esperto di sicurezza neozelandese, il quale ha parlato dei rischi per la privacy collegati all’utilizzo dell’iPhone.

Con 75 milioni di utenti che utilizzano l’iPhone nel mondo, ciascuno dotato di un proprio codice identificativo (UDID), esiste un database davvero vasto che diventa sempre meno anonimo nel momento in cui i singoli utenti utilizzato social network e affini. Ad esempio, molti UDID sono collegati ad un account Facebook attivato dall’omonima applicazione, che consente quindi di risalire all’identità del propritario. Allora ci si chiede: cosa succederebbe se uno sviluppatore iPhone, o una delle società che intercettano i dati di utilizzo delle app, potesse identificare gli utenti che usano le applicazioni, creando un database con i dati personali di ciascuno?

“Una ricerca  – spiega Aldo Cortesi –  mostra che il 68% delle app invia “silenziosamente” l’UDID a server su Internet. Questo è spesso accompagnato da informazioni su come, quando e dove il dispositivo viene usato. La destinazione più comune per questo traffico è Apple, seguita dal network di analisi Flurry e dalla società di social gaming OpenFeint, Queste compagnie  sono super-aggregatori di informazioni degli utenti collegate agli UDID, in quanto molte app usano il loro software. Dietro i tre grandi, ci sono migliaia di siti di sviluppatori, di server pubblicitari e di piccole società di analisi. La fortuna è che l’UDID del telefono non è collegato alla propria identità reale. Fosse possibile “deanonimizzarlo” si porrebbe un serio problema privacy. Apple ne è a conoscenza, e vieta esplicitamente agli sviluppatori di collegare pubblicamente UDID e account dell’utente”.

Trovate l’intervista completa su Repubblica.it.

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