Su PlayBoy di maggio l’intervista integrale a Steve Jobs del 1985, dove il CEO di Apple predisse anche il futuro!

Chi si è avvicinato al mondo Apple da poco e solo grazie all’iPhone, avrà imparato a conoscere uno Steve Jobs molto puritano, sempre puntuale nel ribadire che Apple è contro la diffusione di materiale erotico tramite i suoi dispositivi e sempre molto ermetico nel rilasciare dichiarazioni pubbliche. Ma tanti anni fa il giovane Steve era decisamente più open-minded e molto più disponibile al pubblico, a tal punto da rilasciare un’indimenticabile intervista niente poco di meno che a PlayBoy… Si si avete sentito bene, proprio PlayBoy, il noto mensile erotico che da mesi cerca di essere approvato in versione digitale su iOS ma senza successo. Di seguito il testo integrale di quell’intervista che vi consigliamo di leggere per intero. Scoprirete perchè Steve Jobs è considerato uno dei più grandi visionari dell’era digitale!

A 23 anni era già multimilionario, eppure il suo lavoro era solo all’inizio. Sulla soglia dei 30 anni, nel 1985, il genio papà del Macintosh ripercorre con Playboy i suoi primi successi predicendo il futuro informatico del mondo.

Ha creato il primo computer del pianeta dotato di mouse ed icone grafiche, ma la rivoluzione informatica che porta il suo volto non ha riguardato solo la fine degli anni Settanta bensì si è mantenuta viva fino ai giorni nostri. Infatti Steve Jobs, cofondatore della Apple e padre del Macintosh, il computer più famoso del mondo, tutt’oggi continua a stupirci con le creazioni più all’avanguardia, ultima fra tutte il già celebre iPad. Concreto ma anche idealista, Jobs, appena ventinovenne, raccontava a Playboy i retroscena della svolta elettronica che cambiò per sempre il mondo.

Playboy: Siamo sopravvissuti al 1984 e i computer non hanno preso possesso del mondo. Se c’è un responsabile della loro proliferazione quello sei tu, padre appena 29enne di questa rivoluzione. Secondo te i computer cambieranno la nostra vita, ma come convincere gli scettici?

Steve Jobs: “Il computer è lo strumento più incredibile mai esistito, incarna mille cose in una: calcolatrice, quaderno… niente è così versatile. Non abbiamo idea di quanto si spingerà lontano: già adesso migliora la qualità delle nostre vite, facendoci svolgere in pochi minuti operazioni che prima avrebbero richiesto ore, ma più si andrà avanti più sarà capace di maggiori azioni”

Playboy: Ma concretamente perchè uno dovrebbe comprarsi un computer?

Jobs: “Le risposte sono varie, come lo sono le persone. Sul lavoro, il computer consente di preparare documenti molto più velocemente e con una qualità superiore, ottimizzando la produttività di un ufficio e spingendo le persone a essere più creative. I computers non sono altro che strumenti, quindi atti a consentire un lavoro migliore. A livello didattico, un computer, come solo i libri, permette un’interazione infinita”.

Playboy: Cosa mi dici invece di un computer in casa, per uso personale?

Jobs: “Al momento questo mercato è più concettuale che reale. La prima ragione per comprarsi un computer per la casa è ovviamente quella di poter lavorare in comodità. Al di là di questo, una persona potrebbe volerne uno semplicemente per erudirsi a livello informatico: si parla di questa rivoluzione ed è giusto capirla, imparare. Presto i computer diventeranno essenziali in tutte le case per un motivo cruciale: consentiranno di connettersi a una rete di comunicazione su scala nazionale. Sarà una rivoluzione paragonabile a quella del telefono”


Playboy: Però al momento chiederesti a un compratore di investire 3000 dollari in un computer da casa basandosi solo su una speranza, una statistica?

Jobs: “Nel futuro non sarà più un semplice atto di fede. Il problema di adesso è che non abbiamo ancora compreso totalmente il potenziale del computer, è come se qualcuno cento anni fa avesse chiesto ad Alexander Bell “Cosa si potrà fare col telefono?”. Il primo telegrafo pubblico è stato inaugurato nel 1844 e ha rivoluzionato le comunicazioni, e si era parlato di metterne uno su ogni scrivania in America per aumentare la produttività. Ma non avrebbe funzionato, le persone non lo avrebbero davvero utilizzato perchè per farlo occorreva imparare ad usarlo: ci volevano più o meno 40 ore per apprendere codici e morse, nessuno avrebbe mai fatto tale sforzo. Se il telefono ha avuto tale successo è perchè consentiva le stesse operazioni del telegrafo senza fatica, e aggiungendo inoltre la possibilità di parlare realmente. Oggi siamo nella stessa situazione: il nostro Mac come il telefono, là dove il Pc IBM è il telegrafo. Non solo comunicazione, ma anche immagini, creatività, stile individuale”.


Playboy: Quanto ci è voluto per sviluppare il Macintosh?

Jobs: “Due anni per il computer in sè, molti altri per lo studio del progetto. Non penso di aver mai lavorato così duramente a qualcosa, ma è stata la miglior esperienza della mia vita, e chiunque ci abbia lavorato dirà lo stesso. Alla fine, quando era pronto, nessuno di noi voleva davvero lanciarlo sul mercato perchè sapevamo che dopo non sarebbe più stato solo nostro. Ma quando l’abbiamo presentato per la prima volta c’è stata un’ovazione del pubblico lunga cinque minuti: non potevamo credere ai nostri occhi, abbiamo cominciato a piangere”.

Playboy: Alcuni critici sostengono che la tua tattica consista nell’adescare i veri appassionati di tecnologia imponendo prezzi stellari, che poi abbassi per interessare il resto del mercato.

Jobs: ” E’ semplicemente falso. Appena vediamo che i prezzi possono essere abbassati siamo lieti di farlo. E’ vero che i nostri computer oggi costino meno degli anni passati, ma questo vale anche per quelli IBM. Il nostro scopo è raggiungere decine di milioni di persone, e per farlo un prezzo accessibile è cruciale. Sarei più che felice di poter vendere un Macintosh per 1000 dollari. Il Mac oggi rappresenta un nuovo canale: prima c’erano solo l’Apple II e il Pc IBM, ora invece c’è una terza alternativa”.

Playboy: Che differenza c’è tra le persone che hanno idee geniali e quelle che realmente le sviluppano?

Jobs: ” Facciamo un paragone con l’IBM. Perchè loro hanno prodotto il PCjr e noi il Mac? Pensiamo che il Mac venderà miliardi, ma non l’abbiamo costruito per nessuno tranne noi stessi. Noi eravamo i suoi soli giudici, non ci siamo preoccupati di alcuna ricerca di mercato, volevamo solo costruire la cosa migliore che potessimo”.

Playboy: Stai dicendo che le persone della IBM non hanno la stessa fiera considerazione del loro prodotto?

Jobs: ” Se l’avessero avuta non avrebbero prodotto il PCjr. A me sembra evidente che l’abbiano costruito basandosi solo sui risultati delle loro ricerche di mercato, insomma facendolo su misura per un determinato segmento di utenti, al fine di coinvolgere più persone all’acquisto e guadagnare molti soldi. Le nostre motivazioni invece erano diverse: volevamo creare il computer migliore che si fosse mai visto”.


Playboy: Torniamo indietro ai veri predecessori del Mac: quanto hanno influito i tuoi genitori nell’incoraggiare la tua passione per i computer?

Jobs: ” Hanno incoraggiato i miei interessi in generale. Mio padre era un meccanico, aveva delle mani magiche con cui sapeva aggiustare tutto, smontare e ricostruire. Questo mi ha sicuramente ispirato, e visto che mi stavo avvicinando soprattutto alla sfera dell’elettronica, mi portava a casa oggetti del genere da smontare e assemblare. Quando avevo 5 anni è stato trasferito per lavoro a Palo Alto, e così siamo andati a vivere nella Silicon Valley”.

Playboy: Come ti sei avvicinato ai computer?

Jobs: “Un mio vicino di casa faceva l’ingegnere per la Helwett-Packard e mi ha insegnato tantissime cose. Ogni martedì una decina di ragazzini venivano invitati nella sede principale, ci facevano vedere i computer lasciandoci armeggiare un po’. Avevo 12 anni la prima volta che ho visto un computer, ne ho voluto immediatamente uno”.

Playboy: Hai anche lavorato per la Helwett-Packard. Come è successo?

Jobs: Quando avevo circa 13 anni volevo provare a costruire qualcosa di simile da solo e mi servivano alcuni componenti. Ho chiamato Bill Helwett in persona (fondatore della Helwett-Packard) – il suo numero era sulla guida del telefono – per chiedergli consigli. Abbiamo parlato per venti minuti, non mi conosceva affatto però accettò di darmi le parti che mi servivano e inoltre mi offrì un lavoro estivo presso la società, ad assemblare regolatori di frequenza. Quando sono arrivato lì il primo giorno ero eccitatissimo, sono andato dal mio supervisore ad esprimere tutta la mia gioia verso quell’opportunità: gli ho detto che la mia cosa preferita in assoluto era l’elettronica, lui mi ha risposto che la sua era scopare!”. [ride]

Playboy: Quando hai incontrato Steve Wozniak, con cui hai fondato la Apple Computer?

Jobs: “A 13 anni, ci siamo incontrati nel garage di un amico comune. Lui ne aveva più o meno 18, è stato il primo che incontrato a saperne più di me in campo di elettronica. Siamo diventati buoni amici per gli interessi comuni e la nostra ironia. Abbiamo ogni sorta di bravata insieme, come la vendita dei blue-box”.

Playboy: Intendi dire quegli apparecchi illegali con cui si potevano fare telefonate gratuite nel mondo?

Jobs: “Esatto. Una volta abbiamo telefonto in Vaticano spacciandoci per Kissinger e chiedendo di parlare con il Papa. Sono andati a svegliarlo nel mezzo della notte prima di capire che fosse uno scherzo.”.

Playboy: Eri o sei mai stato un vero e proprio nerd?

Jobs: “Non sono mai appartenuto a un vero e proprio mondo, a quei tempi c’erano tantissime cose che andavano avanti contemporaneamente. Mi ero avvicinato alla letteratura, ai classici come Shakespeare e Dylan Thomas, e alla poesia di Bob Dylan che a me e Wozniak piaceva molto. La California era un mondo a parte: a Stanford potevi trovare LSD fatto in casa o fare sesso con la tua ragazza liberamente sulla spiaggia. C’era un senso di sperimentazione e apertura unico, il misticismo orientale stava dilagando, era tutto diverso”.

Playboy: A quei tempi come pensavate di dare il vostro contributo nel mondo? Pensavate alla politica?

Jobs: “Nessuno dei miei compagni dell’università di Reed si è dato alla politica, sono tutti entrati in affari, il che è buffo dato che eravamo quel genere di persone interessate ad andare in India e trovare il vero senso della vita. I soldi comunque non ci sono mai interessati, certo tutti noi ne abbiamo fatti molti, ma non è mai stato un vero scopo, i nostri stili di vita non sono affatto cambiati. Ci interessava solo provare qualcosa di nuovo, imparare, crescere… Questo tipo di idealismo sarebbe stato frustrato dalla politica”.

Playboy: Dopo l’università di Reed sei tornato nella Silicon Valley dove hai risposto all’annuncio di lavoro: “Fai soldi divertendoti”.

Jobs: “Esatto. Avevo voglia di viaggiare e mi serviva denaro. L’annuncio era della compagnia di videogiochi Atari, e mi hanno assunto anche se non avessi alcuna esperienza lavorativa a parte quella fatta da ragazzino. La Atari aveva spedito dei giochi in America che però erano risultati difettosi. Dato che sapevo come risolvere quei problemi, mi sono proposto di andare là a farlo, prendendomi poi un’aspettativa. Sono stato in Svizzera e poi da lì ho raggiunto Nuova Delhi rimanendo in India per diverso tempo”.

Playboy: Com’e’ stato tornare in America?

Jobs: “E’ stato soprattutto uno shock culturale. Continuavo a vedere Wozniak, frequentavamo qualche riunione di club di computer fai da te, dove gli appassionati comparavano idee e strumenti. La novità era un kit per computer chiamato Altair, un’idea stupenda che permetteva per la prima volta di avere un computer proprio, personale. Non era mai stato possibile prima comprarsene uno. L’Altair venne fuori nel 1975 al costo di nemmeno 400 dollari”.


Playboy: Insomma, il primo computer da casa. E avete deciso che avreste potuto farne uno migliore?

Jobs: “In verità l’Altair offriva solo il brivido di poter possedere un computer proprio, non c’era molto da fare, non c’era grafica, tutto era ancora alfanumerico. Non abbiamo stabilito nulla, è solo successo… Lavoravo spesso di notte all’Atari e Wozniak veniva a farmi compagnia, mi aiutava quando c’era qualche problema nei miei progetti e si dilettava a provare varie cose. A un certo punto se ne è venuto fuori con un terminale di computer annesso a un dispositivo video. Poco dopo ha unito un microprocessore, creando così quello che poi abbiamo chiamato Apple I. Tutto qui, era solo una cosa fatta per vantarsi con gli amici”.

Playboy: Com’era lavorare con lui?

Jobs: “Wozniak si è occupato di quasi tutto, io mi sono dedicato alla parte della memoria e alla creazione del prodotto finale, che a lui non riusciva molto bene perchè era più un designer”.


Playboy: L’Apple I era solo per appassionati di elettronica?

Jobs: “Assolutamente si. Ne abbiamo venduti circa 150, nulla di consistente anche se comunque ci fruttò 95.000 dollari, facendomi capire che dietro il nostro hobby ci potesse essere un reale business”.

Playboy: Avevate idea di dove sareste potuti arrivare?

Jobs: “Non particolarmente. Wozniak si concentrava unicamente sull’aspetto ingegneristico, mentre io ero più orientato alla formazione di una vera e propria società, cercavo di capire cosa fosse, come funzionasse. Niente sarebbe successo senza di lui, nè senza di me. Ma Wozniak non è mai stato interessato alla Apple come compagnia, aveva altre idee e interessi, per questo poi ha lasciato”.

Playboy: Nel 1977 avete creato l’Apple II, che ha inaugurato la vera e propria rivoluzione informatica. L’avete sempre fatto per gli appassionati?

Jobs: “Non ci abbiamo lavorato solo noi, abbiamo coinvolto altre persone. L’innovatività dell’Apple II stava nel fatto che finalmente avesse le sembianze di un prodotto fatto e finito, il che non ha più coinvolto solo gli appassionati bensì un sacco di persone interessate a scoprire un computer, a giocarci. Il primo anno ne abbiamo venduti circa 4.000, poi tutto è cambiato: mentre nel 1976, quando ancora il nostro ufficio era un garage, avevamo fatturato 200 mila dollari, nel 1977 eravamo a 7 milioni, nel 1980 a 117 milioni, nel 1983 a 985 milioni e per quest’anno prevedo 1,5 miliardi di dollari”.

Playboy: Parliamo di soldi. Eri milionario già a 23 anni, qual è la differenza tra avere solo un milione di dollari e averne diverse centinaia?

Jobs: “E’ la visibilità. Ci sono decine di migliaia di persone che hanno un milione di dollari in America ma poche centinaia quelli come me. Non capisco ancora cosa i soldi significhino per me, è una grande responsabilità avere denaro da godersi, mi sento in dovere di spenderne un pò. Se uno muore, di certo non vuole lasciarne una grande parte ai figli perchè ciò rovinerebbe la loro esistenza. E se uno muore senza avere figli, lo lascia al governo, e credo che chiunque sarebbe in grado di investire soldi in un modo migliore del Governo. La sfida è capire come vivere con questo denaro e come investirlo nel mondo, donandolo o usandolo per le cause in cui si crede. Sono convinto che dare un dollaro sia più difficile che guadagnarne uno, perchè il problema della filantropia è che non c’è un parametro che aiuti a giudicare una persona e come userebbe i soldi ricevuti”.

Playboy: Sei una persona del tutto virtuosa oppure ti concedi qualche stravaganza?

Jobs: Ciò che amo di più sono i libri. E il sushi. Ma soprattutto la cosa più importante per me non costa nulla, ed è il tempo, che chiaramente è la risorsa più preziosa che abbiamo. Nel mio caso, il prezzo che pago è quello di non averne per la vita privata”.

Playboy: Dato il tuo successo economico hai la possibilità di realizzare sogni che pochi altri possono permettersi. Questa libertà ti spaventa?

Jobs: “E’ molto semplice avere delle idee e sogni fantastici quando la possibilità di realizzarli è remota. Quando invece hai la chance concreta di farlo, subentra una grande responsabilità, la vita diventa più difficile di quanto si possa pensare”.


Playboy: Cosa pensi che accadrà ai computer in un futuro prossimo?

Jobs: “Al momento li usiamo come fossero servitori, facendogli svolgere delle mansioni. Presto invece li useremo come assistenti, ad esempio potremo chiedere loro di monitorare certe cose per noi, come i valori della Borsa, agendo al posto nostro in base ai criteri da noi inseriti. Ci sarà un giorno in cui i computer faranno anche cento di queste azioni contemporaneamente, si comincerà a vedere nei prossimi mesi, in totale entro tre anni”.

Playboy: Stai per compiere 30 anni. Sai già cosa vuoi fare per il resto della tua vita?

Jobs: “Non sono sicuro. Di certo in qualche modo farò parte della Apple, magari non sarò sempre presente ma comunque manterrò un legame. Il fatto è che io mi sento ancora uno studente e credo che chiunque voglia vivere come un creativo debba essere pronto a non guardarsi indietro, a prendere tutto ciò che ha fatto e spingerlo via, voltare pagina. Il problema della visibilità è che se cominci a cambiare, tutti cercheranno di forzarti a rimanere ciò che hanno deciso tu sia. Più ci si espone ai media, meno si può restare artisi”.

Playboy: Potresti semplicemente ritirarti e goderti la vita, di certo non dovresti preoccuparti dei soldi. Invece continui a lavorare…

Jobs: [ride] “Perchè in verità mi sento in colpa. In colpa per averne così tanti”.

Leggendo questa lunga intervista abbiamo tutti la netta impressione che, se è vero che per molti versi Steve Jobs sia rimasto lo stesso, per tanti altri aspetti, invece, è cambiato profondamente. E’ vero, il tempo passa per tutti e man mano che si diventa grandi si perde quella sensazione di “onnipotenza” del “posso fare tutto”, del “chissenefrega”…ecc. Steve Jobs era esattamente questo: voleva spaccare il mondo e ci è riuscito……voleva cambiarlo, e ci è riuscito….voleva creare i computer più degni di questo nome….ed è riuscito anche in questo…e molto altro. Era un impavido, un uomo senza paura, senza peli sulla lingua e senza freni. Ed è anche grazie a questo suo modo di essere che è riuscito nel suo intento.

Nelle sue parole, in questa intervista, non mancano poi tantissimi riferimenti al futuro che lui, dall’alto della sua storica lungimiranza, riusciva a vedere più di chiunque altro. Prevedeva l’avvento dei computer nelle case, l’avvento di una rete globale (internet) che avrebbe connesso tutti, prevedeva addirittura i computer del futuro, con multitasking e software potenti…ecc Il tempo gli ha dato ragione e insieme alla tecnologia è cambiato molto anche lui.

L’attenzione al dettaglio, la cura maniacale del design, il rapporto con i dipendenti…ecc., sono tutte cose che Steve Jobs ha portato avanti negli anni e che non sono mai cambiate. E’ cambiato invece il suo rapporto con la vita, per ovvie ragioni. La maturità, la battaglia con le sue malattie, le grandi delusioni e batoste subite soprattutto a causa del suo allontanamento da Apple, sono tutte cose che lo hanno cambiato, forse in meglio…chi lo sa.

Lo Steve Jobs di oggi è una persona consapevole del suo travagliato percorso, è una persona saggia e profondamente legata a ciò che ha, prima creato, e poi saputo abilmente rinnovare.

La Apple di oggi non sarebbe mai diventata quello che è diventata, se Steve Jobs non avesse avuto tutte le vicessitudini che ha avuto e se non fosse cambiato, commettendo molti meno errori del passato.

Ma Steve Jobs è riuscito anche in un’altra missione: creare un senso di appartenenza alla propria azienda senza eguali al mondo, ponendo delle basi solide, in questo modo, alla Apple del futuro, quando lui non sarà più sul ponte di comando.

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