L’iPhone è troppo sicuro, tanto da ostacolare le indagini su un omicidio!

Un iPhone 5, che potrebbe essere la prova cardine in un tragico caso di omicidio, non può essere utilizzato dagli inquirenti perchè troppo sicuro: la password di protezione impedisce a qualsiasi software, hacker, esperto informatico o investigatore di accedere ai dati contenuti al suo interno, e Apple si rifiuta di attivarlo in remoto per motivi di privacy. Peccato che l’iPhone 5 fosse della vittima di questo omicidio.

omicidio

Alcuni di voi sicuramente ricorderanno il caso di Nicoletta Figini, uccisa tragicamente a Milano nel luglio del 2013. Le indagini hanno portato in carcere il socio della vittima, il quale avrebbe anche abusato di una bambina di 13 anni. Qui evitiamo di entrare nei particolari, e ci limitiamo a dire che la dinamica dell’omicidio non è ancora chiara, come non sono chiari gli aspetti legati ad argomenti molto delicati, quali pedofilia e spaccio di droga. Proprio per questo motivo, il sostituto procuratore Mauro Clerici ha ordinato di sequestrare diversi telefoni cellulari, tra i quali un iPhone 5 posseduto dalla vittima. Se per gli altri dispositivi non ci sono stati problemi, con l’iPhone è risultato praticamente impossibile accedere ai dati. Il terminale è infatti protetto da password, e nessuno è stato in grado di superare tale protezione, nemmeno utilizzato sofisticati  software ed esperti hacker.

Un avvocato si è quindi rivolto ad Apple, tramite l’ambasciata americana di Roma. Solo Apple, infatti, potrebbe essere in grado di sbloccare il dispositivo e accedere ai dati contenuti al suo interno, peccato però che l’azienda si sia rifiutata di effettuare questa operazione per motivi di privacy.

Apple è stata sempre restìa a fornire informazioni sull’utente possessore di un telefono, e ancora più rare sono state le collaborazioni per la diffusione dei dati contenuti in un iPhone, quali indirizzi e-mail, contatti, password e così via. L’azienda di Cupertino effettua queste operazioni solo se vengono rispettate tutte le leggi in materia: la prima, prevede che il telefono venga portato in California, presso la sede di Apple; la seconda, che chi porta l’iPhone in California sia accompagnato da un ordine scritto da un giudice. Problema: in Italia, questo non può avvenire. Nel nostro paese, infatti, è chi conduce le indagini a chiedere il sequestro di un dispositivo, e non il giudice. Terzo: devono esserci solide e manifeste ragioni per chiedere lo sblocco del telefono, mentre nel caso in oggetto si tratta solo di una verifica di un sospetto.

Insomma, al momento non sembrano esserci soluzioni, a meno che non entri in gioco il GIP (Giudice per le indagini preliminari) per chiedere l’autorizzazione ad Apple. L’iPhone è infatti troppo sicuro anche per gli investigatori.

[via]

 

 

 

Offerte Amazon di oggi
News