iPhone 17 Pro smontato: sensori più grandi e design più “riparabile”

Il teardown di un iPhone 17 Pro svela sensori camera più grandi, dissipazione con pad in grafene e meno adesivi a favore delle viti.

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I primi teardown non si sono fatti attendere e il nuovo iPhone 17 Pro conferma una direzione chiara: più attenzione a dissipazione, modularità e servibilità interna, senza rinunciare all’ottimizzazione dello spazio. I

Il video di smontaggio di REWA Technology mette in luce scelte progettuali interessanti che toccano fotocamere, scheda logica e metodo di apertura.

Il pannello frontale si solleva con i classici strumenti da laboratorio (ventosa, una goccia di alcol isopropilico, plettro) e subito appare un ampio pad in grafene dedicato alla dissipazione del calore. È un dettaglio che spiega i miglioramenti percepiti sotto stress: il calore si distribuisce in modo più uniforme, a vantaggio di stabilità e comfort in mano.

Durante lo smontaggio emerge il dato forse più significativo per chi ripara: più viti e meno adesivo. Si parla di 14 viti al posto di ampie superfici incollate. Tradotto, le parti si separano con maggiore controllo e si rimontano con meno utilizzo di colla. È un piccolo grande passo per la manutenibilità, perché riduce il rischio di danni collaterali in apertura e rende più ripetibile l’intervento.

Capitolo fotocamere: i moduli posteriori guadagnano sensori più grandi e anche il frontale cambia disposizione interna, con dot projector e flood illuminator invertiti rispetto a iPhone 16 Pro. È un indizio di un pacchetto TrueDepth ripensato, potenzialmente più efficiente in spazi stretti e con tolleranze migliori sugli allineamenti. L’aumento di superficie sensibile sui moduli rear, sulla carta, aiuta in gamma dinamica e resa in bassa luce: aspetti che, combinati con la pipeline software, fanno la differenza nel quotidiano.

La scheda logica colpisce per densità e, soprattutto, per l’orientamento orizzontale all’interno del telaio. Una scelta non banale: posizionare la motherboard in questo modo può offrire protezione migliore alle cadute, distribuendo gli urti e proteggendo i connettori critici.

C’è però un punto di attenzione segnalato dal teardown: il chip NAND su un lato parzialmente sovrapposto all’A19 sull’altro. Per chi fa interventi avanzati (upgrade o sostituzioni della memoria in laboratorio) significa che il riscaldamento mirato della NAND diventa più delicato, per evitare di stressare termicamente il SoC sulla faccia opposta. In breve, è un design più “riparabile” in generale, ma con zone calde dove l’errore si paga caro.

Di contro, compaiono nuovi connettori su alcuni componenti che richiedono manovre più precise. È il classico bilanciamento Apple tra compattezza e servizio: riduci la colla, ma introduci connettori più evoluti che, se trattati senza esperienza, possono danneggiarsi. Per i centri indipendenti è un bene avere meno adesivo, ma resta fondamentale la procedura corretta e la dotazione giusta.

In sintesi, rispetto alle generazioni passate, iPhone 17 Pro appare meno ostico da aprire e richiudere, meglio dissipato e con un comparto fotografico fisicamente più ambizioso. Tutto ciò senza sacrificare la robustezza: il layout interno dà l’idea di un ingombro sfruttato al millimetro, con scelte che proteggono i punti sensibili.

Per l’utente finale, queste scelte si traducono in benefici concreti. La dissipazione più estesa aiuta nelle sessioni lunghe di gaming e ripresa video. I sensori più grandi elevano la qualità fotografica in contesti difficili. Sul fronte riparazioni, quando servirà un cambio schermo o batteria fuori garanzia, il mix “più viti, meno colla” potrà accorciare tempi e ridurre rischi in mano a tecnici qualificati. Resta inteso che abilitazioni software e calibrazioni sono parte del gioco Apple: anche con un design più amico delle riparazioni, per mantenere funzioni come Face ID e stabilizzazione al top servono ricambi originali e procedure ufficiali.

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