
Un nuovo report di monitoraggio civico accende i riflettori sul pressing istituzionale dei big tecnologici a Bruxelles.
Nel quadro, Apple emerge tra i principali investitori in lobbying: 7 milioni di euro nell’ultimo anno e 76 incontri complessivi con rappresentanti di alto livello di Commissione europea e Parlamento. Il dato colloca l’azienda al secondo posto ex aequo nel settore per spesa, insieme ad Amazon e Microsoft, dietro Meta.
Secondo l’analisi, la spesa complessiva dell’industria digitale per il lobbying a Bruxelles è passata da 113 milioni di euro (2023) a 151 milioni all’anno oggi: un +33,6% in soli due anni. È un flusso che, su base aggregata, supera quello di settori storicamente “pesanti” come farmaceutico e automotive messi insieme. E spiega perché, nel solo primo semestre 2025, i big del digitale abbiano tenuto in media più di un incontro al giorno con funzionari della Commissione.
Incontri con la Commissione e con gli eurodeputati? Ecco dove si colloca Apple tra gennaio e giugno 2025:
- Commissione europea: 146 meeting complessivi. Amazon 43, Microsoft 36, Google 35, Apple 29, Meta 27.
- Parlamento europeo (MEP): 232 meeting. Meta 63, Amazon 49, Google 47, Apple 47, Microsoft 34.
Il report sottolinea che i numeri sono conservativi: gli obblighi di trasparenza UE coprono solo gli incontri con figure senior e non includono l’intero ecosistema di associazioni e think tank finanziati dalle stesse aziende. In questo network, Apple risulta aderire a 14 dei 15 principali centri di influenza analizzati.
Perché tutto questo adesso: il nodo si chiama DMA
Anni di procedimenti antitrust e, oggi, la piena entrata a regime del Digital Markets Act. Il DMA impone ai “gatekeeper” obblighi su interoperabilità, apertura dei sistemi, limitazione delle pratiche di auto-preferenza e canali alternativi di distribuzione e pagamento. È la legge che più di tutte può ridisegnare i margini economici e l’architettura dei servizi Apple in UE.
La posizione di Apple è netta: contestazione delle designazioni e richiesta di limitare la portata del DMA. Da qui l’intensità del dialogo istituzionale, che non riguarda solo l’iPhone o l’App Store, ma il modello di piattaforma nel suo complesso.
Ricordiamo che quella del lobbying è un’attività legittima nelle democrazie mature, purché avvenga entro regole stringenti di trasparenza, tracciabilità degli incontri, conflitti d’interesse dichiarati e parità di accesso per gli stakeholder più piccoli. Il punto critico segnalato dal report non è “se” i big parlino con i regolatori, ma quanto spazio occupino nella definizione dell’agenda, rispetto a sviluppatori indipendenti, PMI, consumatori e accademia.
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