Orange chiede ad Apple minori restrizioni su iOS, Stati Uniti divisi sull’uso di app di tracciamento

Orange ha chiesto ad Apple l'accesso ad alcune funzionalità di iOS per la propria app di tracciamento contatti.

L’operatore francese Orange sta discutendo con Apple per consentire alla sua app di tracciamento contatti COVID-19 di avere un maggiore accesso alle funzionalità di iOS legate alla privacy degli utenti. Intanto, l’opinione pubblica negli USA è divisa sulle notifiche di esposizione.

app covid

Orange e la privacy

Con iOS 13.5 beta 3, Apple ha rilasciato le prime API che potranno essere utilizzate dalle autorità sanitarie pubbliche per consentire agli smartphone di comunicare tra loro tramite Bluetooth, fornendo agli utenti specifiche notifiche nel momento in cui vengono a contatto con persone a cui viene poi diagnosticata la positività al COVID-19.

Apple ha più volte chiarito che l’accesso al Bluetooth in background e alle API in oggetto verrà concesso solo alle app sviluppate da autorità sanitarie pubbliche, ma oggi i dirigenti di Orange fanno sapere che c’è qualche speranza anche per app “private” in quei paesi in cui il governo non adotterà il sistema di Apple e Google:

Ci siamo incontrati più volte con Apple negli ultimi giorni. Non siamo arrivati ad un accordo, ma la strada intrapresa è quella giusta.

La Francia si è sempre detta contraria all’utilizzo delle API di Apple e Google e del loro sistema decentralizzato, preferendo adottare una soluzione interna centralizzata. Per questo, il governo francese ha chiesto ad Apple di sostenere gli sforzi nazionali di sviluppo delle app per il tracciamento dei contatti, ad esempio alleggerendo le severe restrizioni sulla privacy che le due aziende hanno implementato.

Anche per questo motivo, un’azienda privata come Orange si sta muovendo per arrivare ad una sorta di compromesso: accesso alle API, malgrado l’app non sia sviluppata da un’autorità sanitaria. L’app StopCovid di Orange sarà disponibile a maggio.

Intanto, la Germania ha cambiato idea e dovrebbe adottare le API di Apple e Google, mentre il sistema sanitario britannico ha già detto no alla soluzione decentralizzata delle due aziende.

E negli Stati Uniti? 

Da un recente sondaggio del Washington Post emerge che l’opinione pubblica è praticamente divisa a metà tra coloro che useranno l’app di tracciamento basata sulle API di Apple e Google e coloro che non lo faranno. Dal sondaggio emerge anche che il 4% non possiede un cellulare e che il 13% non ha uno smartphone, quindi teoricamente quasi il 20% della popolazione adulta non avrebbe accesso all’app. La maggior parte delle persone che non hanno uno smartphone sono gli anziani, coloro cioè più a rischio contagio.

Ancora, il 41% degli intervistati ha detto che non si sentirebbe a proprio agio nel dover far sapere l’eventuale positività al COVID-19 tramite app.

La maggior parte di coloro che darebbe senza problemi queste informazioni è formata da democratici, che in generale sono più preoccupati di un possibile contagio. I repubblicani, invece, mediamente sono meno preoccupati e quindi anche meno inclini ad utilizzare queste app.

Tra i motivi che spingono a non utilizzare un’app di tracciamento c’è la sfiducia nei confronti di Apple e Google, nonché delle società tecnologiche in generale. Un problema non da poco, se si considera che queste app devono essere utilizzate da almeno il 60% della popolazione per poter avere qualche utilità.

E finora i dati degli altri paesi non sono incoraggianti: a Singapore, solo il 20% delle popolazione utilizza l’app ufficiale di tracciamento, mentre in Australia la percentuale scende addirittura all’8%. Va notato tuttavia che nessuna di queste app utilizza le API di Apple e Google che, almeno teoricamente, dovrebbero dare più fiducia.

E voi, cosa farete?

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