Apple è sempre dipendente dalla Cina, malgrado i dazi commerciali

Malgrado le possibili ricadute dovute alle tariffe imposte alla Cina dal presidente Donald Trump, la dipendenza di Apple dalla produzione cinese non è affatto diminuita e non lo sarà nemmeno nei prossimi mesi. 

Apple, come del resto tante altre aziende degli Stati Uniti, dipende in gran parte dalle aziende cinesi per la fornitura di componenti e l’assemblaggio dei propri prodotti. Il motivo è semplice e arcinoto: in Cina c’è tantissima manodopera specializzata e, soprattutto, i costi sono molto più bassi rispetto a tanti altri paesi.

Le tariffe commerciali imposte da Donald Trump potrebbero però cambiare le carte in tavola, perché prevedono dazi del 10% per tutti gli smartphone, gli smartwatch e gli altri prodotti tech importati dalla Cina, iPhone e Apple Watch compresi.

Tim Cook è riuscito a far posticipare questi dazi almeno fino a dicembre, convincendo Donald Trump sul fatto che queste tariffe andranno a creare un vantaggio competitivo a favore di Samsung, visto che l’azienda sudcoreana produce localmente i propri smartphone.

Secondo gli analisti, Apple ha tre strade da poter seguire. La prima è quella di compensare i dazi del 10% grazie alla diminuzione dei costi di produzione degli iPhone; in alternativa, l’azienda potrebbe trasferire tali costi ai consumatori negli Stati Uniti, ma questa scelta sembra molto improbabile; in terzo luogo, Apple potrebbe iniziare a collaborare con fornitori che lavorano fuori dalla Cina, spostando la produzione in Brasile, Vietnam e India.

Reuters riporta però che Apple non sembra intenzionata a discostarsi dalla sua attuale strategia, visto che al momento, al di là delle voci circolate nelle ultime settimane, i vari Foxconn, Pegatron e Wistron hanno investito in Cina per aumentare la produzione e soddisfare le crescenti richieste di Apple. Ad esempio, Foxconn ha portato a 29 le sue strutture in Cina proprio per aumentare la produzione dei dispositivi Apple.

Inoltre, i fornitori cinesi rappresentano una fetta molto grande per la fornitura di piccoli componenti essenziali e materie prime come involucri di alluminio, cavi, chip, circuiti stampati, vetro e altro ancora, difficili da reperire in altri paesi agli stessi prezzi.

Tuttavia, è probabile che dal 2020 alcuni di questi fornitori inizino ad avviare parte della produzione fuori dalla Cina. Foxconn e Wistron hanno già iniziato i lavori in India e Brasile, e lo stesso sarà fatto anche da Pegatron in Vietnam. I tempi, però, sono più lunghi e non si farebbe mai in tempo per la data di dicembre 2019, quando i dazi dovrebbero colpire anche gli iPhone.

Come sottolinea Reuters, inoltre, gli stabilimenti in Brasile e in India sono significativamente più piccoli rispetto ai loro omologhi cinesi e, cosa più importante, non soddisfano la domanda di Apple. Sia il Brasile che l’India impongono anche tasse elevate e restrizioni commerciali su alcune merci, nel tentativo di appoggiare le aziende locali.

Insomma, almeno per il momento la Cina rimane indispensabile per Apple anche in caso di attivazione dei dazi promessi per metà dicembre.

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