Il marito di una delle sopravvissute alla strage di San Bernardino: “Su quell’iPhone non troverete nulla di importante!”

Nella lotta tra Apple ed FBI che sta interessando tutti gli Stati Uniti interviene anche il marito di una delle sopravvissute all’attentato di San Bernardino: per l’uomo, sull’iPhone del terrorista non c’è alcuna informazione importante ai fini dell’indagine.

BN-MS582_sbcoun_P_20160222183656

Salihin Kondoker è il marito di Anies, colpita ben tre volte durante gli attacchi dello scorso dicembre, ma fortunatamente ancora viva malgrado un lungo percorso di recupero. In una lettera inviata alla corte, Kondoker spiega che anche sua moglie è una dipendente della Contea (proprio come uno dei terroristi) e che anche lei ha un iPhone “aziendale”. L’iPhone 5c del terrorista, sul quale l’FBI vuole mettere le mani per accedere ai dati conservati al suo interno, è infatti un telefono aziendale, concesso dalla Contea a Syed Farook, il dipendente che in quella triste giornata si è trasformato in un vero e proprio terrorista.

Kondoker fa sapere che su quel telefono di lavoro la moglie non conserva alcuna informazione personale e lo usa solo per questioni lavorative. Tutti i dipendenti della Contea hanno il proprio telefono personale, e sappiamo che lo stesso Farook ne aveva uno che, “casualmente”, è stato distrutto dallo stesso terrorista poco dopo gli attacchi di San Bernardino.

Tra l’altro, Kondoker fa sapere che la Contea aveva il controllo su ogni aspetto del dispositivo: potevano rintracciare i dipendenti se avevano bisogno di sapere dove si trovavano durante le ore di lavoro, avevano il controllo dell’account iCloud ed erano i proprietari di tutti i contratti con gli operatori, quindi potevano avere accesso anche alle chiamate effettuate dai vari telefoni aziendali. “Tutto questo” spiega Kondoker “lo sapevano bene i dipendenti, quindi reputo molto improbabile che chi decide di fare un attacco terroristico utilizzi il telefono aziendale, controllato dal datore di lavoro, per comunicare con i complici o per memorizzare dati sensibili e importanti per le indagini”.

E ancora: “Si tratta di un telefono aziendale. Anche mia moglie aveva un iPhone rilasciato dalla Contea e non lo ha mai utilizzato per le comunicazioni personali. San Bernardino è una delle più grandi contee del paese. Loro possono monitorare il GPS del telefono se hanno bisogno di sapere dove si trovano i dipendenti durante le ore di lavoro, e questo i dipendenti lo sapevano bene. Inoltre, la Contea ha il pieno controllo su iCloud e sulle comunicazioni effettuate tramite questi telefoni. Tutto ciò era ben risaputo tra tutti i dipendenti. Mi chiedo perchè qualcuno dovrebbe archiviare sull’iPhone aziendale i contatti personali e le comunicazioni con i complici quando sa che il telefono è monitorato dalla Contea. Tutti i terroristi di San Bernardino hanno distrutto i telefoni personali poco dopo gli attacchi, e lo hanno fatto per un motivo specifico. Ritengo praticamente impossibile che sull’iPhone 5c del terrorista ci siano informazioni preziose”. 

L’uomo dice anche che l’FBI era ed è in possesso di informazioni molto varie che spesso sono state ignorate: “Sono molto deluso dal modo in cui hanno gestito questa indagine. Anche aver fatto cambiare password iCloud è stato un grave errore, perchè Apple avrebbe potuto in ogni caso dare l’accesso ad un backup più recente, anche se sarebbe stato comunque inutile visto che su un telefono aziendale nessuno memorizza informazioni sensibili prima di preparare un attacco terroristico”. 

Infine, Kondoker appoggia Apple nella sua lotta per la tutela della privacy: “L’America dovrebbe essere orgogliosa di quello sta facendo Apple. Dobbiamo essere orgogliosi che si tratti di una società americana che sta lottando per i nostri diritti e per proteggere i nostri dati personali. Io e mia moglie sosteniamo Apple in questa battaglia”. 

Ricordiamo che, la scorsa settimana, un tribunale della California ha chiesto ad Apple di sbloccare l’iPhone 5c di uno dei terroristi della strage di San Bernardino, ma l’azienda ha risposto che da iOS 8 in poi è impossibile effettuare questa operazione. Il governo e l’FBI hanno quindi chiesto di installare una backdoor su iOS, ma per Apple un’operazione di questo tipo consentirebbe a qualsiasi criminale informatico di accedere a questa “chiave universale” e di controllare i dati sensibili memorizzati su qualsiasi iPhone sparso per il mondo. Tra l’altro, Apple avrebbe potuto fornire il backup aggiornato di questo iPhone, se solo l’FBI non avesse chiesto al datore di lavoro dell’imputato di cambiare la password dell’ID Apple (l’iPhone 5c, infatti, era dell’azienda ed era stato fornito in uso al proprio dipendente).

[via]

HotAcquista iPhone 15 su Amazon!
News