Chi possiede un iPhone è, nella maggior parte dei casi, anche un appassionato di tecnologia, come lo siamo noi di iPhoneItalia. Proprio per questo abbiamo deciso di creare una nuova rubrica, denominata “7 notizie per 7 giorni”, nella quale verranno riassunte le 7 notizie di tecnologia più interessanti e curiose della settimana, ma non riguardanti propriamente il mondo iPhone. Un modo per discutere insieme di tecnologia e non far mancare nulla ai nostri lettori! Eccoci arrivati ad un nuovo appuntamento.

Giochi Olimpici 2012: messi a dura prova i network aziendali

A partire dal 27 luglio, gli atleti provenienti da oltre 200 paesi concorreranno in 36 diverse discipline per più di 300 medaglie d’oro, argento e bronzo. Emittenti regionali di tutto il mondo avranno a disposizione oltre 5.000 ore di diretta, accessibili al pubblico tramite contenuti live e video on-demand. Durante le Olimpiadi di Pechino del 2008 (dove furono circa 2.200 le ore di copertura mondiale), erano 4,7 i milioni di telespettatori sintonizzati sulla rete, il 20% in più di quelli delle Olimpiadi del 2004. In particolare in Europa, furono visionati circa 180 milioni di contenuti video, con un aumento di 8 volte superiore ai 23 milioni dei Giochi Invernali di Torino. Inoltre, nel 2008 la dimensione standard dei video non superava i 200 kpbs, mentre quest’anno arriverà fino a 500 kpbs. Da questi dati, Blue Coat Systems Inc., leader tecnologico nell’ambito delle soluzioni di sicurezza Web e ottimizzazione della WAN, ha potuto prevedere l’impatto che le Olimpiadi di Londra avranno sul network aziendale.
Le imprese che non hanno gli strumenti adatti a controllare i contenuti web, consumeranno in media dal 30 al 60% della larghezza di banda destinata alle ore lavorative. Durante tutta la durata dei Giochi Olimpici si avranno picchi di utilizzo di questi contenuti multimediali, che rallenteranno le performance aziendali, gravando pesantemente sulla produttività e sui costi. Se non verranno prese misure di precauzione per ridurre gli effetti dei video sul network, le Olimpiadi 2012 causeranno gravi perdite alle aziende. Per mitigare questo impatto, senza intaccare l’entusiasmo per lo sport degli spettatori, gli amministratori IT dovranno tener conto di tre fattori essenziali per proteggere la propria azienda:
Per gestire il traffico di applicazioni sul network, bisogna essere in grado di monitorare e differenziare le applicazioni interne dai contenuti basati sul Web. La visibilità sul traffico di rete deve essere abbastanza granulare da poter identificare in tempo reale i diversi flussi di applicazioni, se business o di tipo ricreativo.
La visibilità granulare del traffico di rete è solo una parte dell’equazione per la gestione del network. Per assicurarsi che le applicazioni ricreative non influiscano sulla produttività e sulla banda destinata a contenuti business-critical, occorre segmentare il traffico e assegnare priorità alle applicazioni aziendali. Il reparto IT dovrebbe restringere la banda disponibile per i video delle Olimpiadi, in modo che non impattino sulle altre applicazioni business, pur lasciando la possibilità agli spettatori di seguire i giochi. Attraverso semplici policy di gestione delle applicazioni, le aziende possono immediatamente contenere il traffico di rete di questi contenuti.
Occorre mettere in atto due fasi per arginare i problemi causati dai video delle Olimpiadi: La prima fase deve essere attuata una o due settimane prima dell’evento, quando gli utenti inizieranno a scaricare applicazioni sui propri dispositivi mobili per seguire l’andamento dei Giochi.
La seconda fase partirà dalla cerimonia di apertura delle Olimpiadi, quando la richiesta di banda da parte dei contenuti multimediali rallenterà il traffico del network.
L’enorme volume di contenuti che verranno generati dalle Olimpiadi di Londra 2012, influenzerà notevolmente le reti aziendali. Se non controllato, questo traffico potrà sopraffare e distruggere applicazioni business-critical per ben due settimane a Luglio. Senza le giuste precauzioni, le aziende si troveranno di fronte ad un’enorme perdita di costi in termini di produttività e ricavi.
Le più importanti aziende della classifica di Fortune raccolgono più di 10 milioni di menzioni sui social media al mese

Le prime 100 aziende internazionali della classifica stilata da Fortune riescono a raccogliere sui principali social network oltre dieci milioni di menzioni al mese – 10,400,132. Secondo i risultati emersi dalla 3a edizione dell’indagine Global Social Media Check-up svolta da Burson-Marsteller, che include i nuovi dati offerti da Visible Technologies, azienda leader nel monitoraggio dei social media e servizi analitici per le aziende a livello globale, Twitter si configura come il social media preferito dal popolo degli internauti nell’entrare in comunicazione diretta con le aziende. Nel mese messo in osservazione, infatti, le menzioni raccolte dalle prime 100 aziende del ranking Fortune, sono state effettuate per lo più tramite il canale Twitter [5,596,998 @mentions].
Burson-Marsteller Global Social Media Check-up 2012 prende in considerazione l’utilizzo delle social media platforms da parte delle prime 100 aziende internazionali classificate da Fortune analizzando l’utilizzo di Twitter, Facebook, YouTube e quest’anno, per la prima volta, Google Plus. In questa terza edizione dell’indagine, Visible Technologies ha fornito ulteriori dati sulle conversazioni che riguardano le aziende da parte dagli utenti sui vari social media analizzati. Dai risultati della ricerca emerge che, nel 2012, la maggioranza assoluta delle aziende (87%) utilizza almeno una delle principali piattaforme social per comunicare online anche con i propri stakeholders, inoltre, quest’anno si è registrata la più grande crescita di sempre dell’utilizzo del canale YouTube per la comunicazione di tipo istituzionale. Dallo studio emerge, infine, un aumento del 39% di aziende che su YouTube possiedono un canale dedicato al proprio marchio. Attualmente il 79% delle compagnie prese in esame utilizza un proprio canale YouTube, mentre nel 2011 erano solamente il 57%. Questi canali contano una media di 2 milioni di visualizzazioni e 1669 iscritti.
L’indagine porta in evidenza che Twitter si posiziona come la più popolare piattaforma online sia per il numero di aziende che lo utilizzano, sia per il numero di discussioni sulle stesse. Effettivamente, l’82 % delle 100 aziende del ranking Fortune hanno almeno un account Twitter e ciascuna è stata citata (@mention) in media 55,970 volte al mese. Inoltre, da questa evoluzione nell’utilizzo dei social media, anche gli stakeholder sono in grado di monitorare da vicino le aziende. Dal 2011, il numero di follower sugli account corporate Twitter è quasi triplicato passando da una media di 5,076 a 14,709. Su Facebook il numero medio di like per company page dal 2010 è aumentato del 275 % registrando nel 2012 in media 152,646 like. Per accedere alla presentazione completa dei risultati dell’indagine, visitare http://www.burson-marsteller.com/social/default.aspx
Altri risultati chiave dell’indagine sono:
- Le 100 aziende selezionate Fortune contano per la prima volta una media di più account aperti per ogni piattaforma: 10.1 account Twitter, 10.4 pagine Facebook, 8.1 canali YouTube e 2.6 pagine Google Plus.
- Il 74% delle aziende prese in esame ha una pagina Facebook.
- Il 93% delle pagine corporate Facebook vengono aggiornate settimanalmente.
- Il 48% delle aziende sono oggi su Google Plus. Google Plus pages destinato al business è stato lanciato a novembre 2011 e già alla fine di febbraio 2012 vede presenti sulla piattaforma quasi metà delle 100 aziende in esame.
- Ogni pagina corporate Facebook ha una media di 6,101 utenti interattivi.
I dati su cui si basa questa indagine sono stato raccolti a febbraio 2012 e si riferiscono alle attività svolte dalle prime 100 aziende internazionali redatte da Fortune sui social media Twitter, Facebook, YouTube e Google Plus. Matrice appartenenza azienda per paese/regione: U.S. = 29 aziende, Europa = 45 aziende, Asia-Pacifico = 23 aziende, America Latina = 3 aziende. Il paragone si è svolto prendendo a confronto e in esame il primo studio svolto da Burson-Marsteller, The Global Social Media Check-up 2010, pubblicato il 23 febbraio 2010 con il secondo Global Social Media Check-up 2011, redatto il 15 febbraio 2011. I dati sono stati raccolti ed elaborati dal team globale di ricerca di Burson-Marsteller. Visible Technologies ha fornito nuovi strumenti e dati di quanti utenti e azionisti parlano delle aziende sulla rete.
Cresce l’utilizzo di dispositivi personali in azienda ma la stampa mobile resta poco diffusa

Secondo quanto emerso da una ricerca condotta a livello europeo da Lexmark International, fornitore mondiale di soluzioni per la stampa, oltre la metà dei rispondenti (55%) utilizza regolarmente dispositivi mobile privati per scopi aziendali. In Italia la percentuale cresce al 67%.
Il sondaggio di Lexmark, che ha coinvolto 710 impiegati circa l’utilizzo dei propri dispositivi mobili sul posto di lavoro, afferma che nel 36% dei casi si tratta di iPhone, nel 24% di smartphone, al terzo posto seguono gli iPad (23%) e infine i BlackBerry (19%).
Il 41% degli intervistati, il 43% in Italia, ha dichiarato che la possibilità di stampare documenti aziendali da dispositivi personali è importante o molto importante. Se dall’indagine emerge che solo pochi dipendenti traggono pieno vantaggio dalla stampa tramite mobile, il 77% dichiara di aver utilizzato raramente il servizio o di non averlo mai fatto. La ragione di questa resistenza potrebbe risiedere nel fatto che le aziende non sono ancora ben disposte nell’integrare i dispositivi privati all’interno dell’ambiente di lavoro. Ad avvalorare questa ipotesi, il 47% degli intervistati ha affermato che l’azienda per cui lavorano non ha ancora avviato una politica per l’utilizzo di dispositivi mobili personali. Nonostante la maggior parte (90%) dichiari di preferire la consultazione dei propri documenti tramite iPad o laptop, in Italia il 76% del campione intervistato dichiara di essere felice di potersi avvalere di un App che consenta la stampa via mobile.
Lexmark ha intervistato 710 impiegati d’azienda di nove Paesi Europeiquali: Belgio, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Olanda, Polonia, Portogallo, Spagna, Sveziae Regno Unito.La ricerca si è conclusa lo scorso aprile.
BSA: mercati emergenti pronti ad adottare il cloud, ma anche a “condividerlo troppo”

Le economie emergenti sono mercati già maturi per i servizi di cloud computing – anche i servizi prepagati – ma troppo spesso gli utenti di quei mercati sono pronti a condividere le credenziali d’accesso, il che apre la strada a potenziali rischi di abuso nelle licenze software, come riporta Business Software Alliance (BSA) sul proprio blog,
BSA, in collaborazione con Ipsos Public Affairs, ha infatti realizzato una ricerca per sondare competenze e impieghi che circa 15.000 utenti di 33 nazioni fanno del cloud computing. Ne risulta che, a livello complessivo, il 45% di essi afferma di utilizzare “servizi online che consentono di creare, gestire, archiviare documenti, fogli di calcolo, foto o altri contenuti digitali cui poi accedere da qualsiasi computer tramite login via web”. Tale dato medio, però, in economie emergenti quali Tailandia, Malesia, Argentina e Perù, sale fino al 50%, mentre in economie mature come Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia si riduce al 33%.
“Stiamo assistendo a un vero balzo in avanti nell’adozione del cloud da parte dei più recenti utilizzatori di computer e tecnologie informatiche in genere”, commenta Robert Holleyman, Presidente e CEO di BSA. “Chi vive in un’economia in via di sviluppo e utilizza il computer, probabilmente utilizza anche servizi cloud almeno temporaneamente, per scrivere testi, inviare email, archiviare foto e documenti e così via, anche se talvolta nemmeno sapendo che quei servizi gli sono disponibili in modalità cloud”.
Globalmente, l’88% di coloro che si riconoscono come utenti cloud affermano di avvalersi di tali servizi a scopo privato, mentre sono il 33% se ne serve per impieghi professionali. In ambo i casi, le cifre sono leggermente più elevate nelle economie emergenti rispetto a quelle mature.
I servizi gratuiti dominano nel campo degli impieghi privati in tutto il mondo, ma il 33% degli utilizzatori del cloud affermano – in percentuali omogenee tra economie emergenti e sviluppate – di pagare per almeno la metà dei servizi di cui si avvale in ambito professionale.
Tuttavia, la ricerca BSA svela anche alcuni spunti potenzialmente preoccupanti: infatti, il 42% degli utenti nel mondo che affermano di pagare per i servizi cloud business, ammettono anche di condividere le proprie credenziali di login all’interno dell’organizzazione per cui lavorano. E su questo punto si crea una netta divisione: nei mercati emergenti lo fa il 45% degli utenti, in quelli maturi solo il 30%.
Mobile banking: 2 milioni di utenti in Italia

Il 70% delle banche offre alla propria clientela almeno un servizio di Mobile Banking. A fine 2011 gli utenti attivi di Mobile Banking su Smartphone in Italia, limitatamente alle sole piattaforme App e Mobile Site, erano già oltre 2 milioni, con un incremento per entrambi di oltre il 300% sul 2010, crescita confermata anche nel primo trimestre 2012. Un mercato in grosso fermento e dal potenziale elevato che si appresta non solo a migliorare la qualità dei propri servizi ma anche a raggiungere benefici di costo e ricavi nel lungo periodo.
In questi ultimi 2-3 anni è tornata molto forte l’attenzione sul Mobile da parte del settore bancario, alla luce dell’evoluzione tecnologica in atto: la rapida diffusione degli Smartphone – circa 25 milioni in Italia, con una previsione di crescita del 30% per il 2012 – e, in prospettiva, dei Tablet, sta cambiando rapidamente la modalità di offrire servizi e di fare comunicazione e marketing da parte del mondo aziendale e le banche, in questo, non fanno eccezione mostrando, al contrario, uno scenario in continuo fermento sia dal punto di vista tecnologico che da quello organizzativo. E’ questo un mercato dal potenziale estremamente elevato, tanto che si prevede che il Mobile Banking possa riuscire, grazie alla diffusione e familiarità che gli italiani hanno con il telefono cellulare a raggiungere nel giro di pochi anni quasi tutti i possessori di conto corrente in Italia e spingersi addirittura in alcune fasce di utenza non “bancarizzate”.
Oggi la maggior parte delle banche (più del 70%) offre alla propria clientela almeno un servizio di Mobile Banking (sia esso un alert via Sms o la visualizzazione degli ultimi movimenti tramite Mobile site o App). Le banche che ad oggi non offrono servizi Mobile Banking, principalmente di piccole dimensioni nel 50% dei casi prevedono di realizzare i servizi nei prossimi sei mesi e nel 30% nel prossimo anno. Questo lo scenario tracciato dal 1° Rapporto annuale dell’Osservatorio Mobile Banking, coordinato da ABI Lab e dalla School of Management del Politecnico di Milano e presentato il 21 giugno scorso al Centro Congressi ABI di Milano: il Rapporto contiene le principali analisi e risultati emersi nel corso del primo anno di attività dell’Osservatorio con particolare riferimento ad una survey a cui hanno partecipato 34 banche/gruppi rappresentative di circa l’80% del sistema in termini di sportelli oltre a Poste Italiane.
Rispetto a un bacino di circa 33 milioni di correntisti si contano oggi 48 milioni di possessori di cellulari, di cui soprattutto 25 milioni con uno Smartphone in tasca. A fine 2011 gli utenti attivi di Mobile Banking su Smartphone in Italia, limitatamente alle sole piattaforme App e Mobile Site, erano già oltre 2 milioni, con un incremento per entrambi di oltre il 300% sul 2010, crescita confermata anche nel 1° trimestre 2012 durante il quale il Mobile Site ha mostrato l’incremento più rilevante. Questi importanti tassi di crescita possono far pensare di raggiungere in qualche anno gli utenti di home banking che oggi sono circa 14 milioni.
“È possibile ipotizzare che la penetrazione dei servizi bancari possa aumentare anche presso fasce di utenza in parte non “bancarizzate” o che non utilizzano l’home banking, come i giovani, “divoratori” di nuove tecnologie e sempre al passo con le innovazioni, i disabili, che grazie al Mobile spesso riescono a superare alcune “barriere” di accesso presenti sugli altri canali, o gli immigrati, che in questi device trovano un punto di contatto più semplice e rapido alla Banca – ha commentato Mariano Corso, Professore Ordinario del Politecnico di Milano – Il potenziale del Mobile Banking può essere ulteriormente sviluppato anche tramite strumenti innovativi come le carte-conto associate ai nuovi sistemi di pagamento NFC o al trasferimento di denaro (il servizio di ricarica della carta prepagata è uno dei servizi più di successo)”.
Per quanto riguarda i Tablet, invece, si registrano solo poche decine di migliaia di utenti attivi a fine 2011 su un bacino di 1,5 milioni di Tablet in uso. Anche in questo caso si può parlare di un grande potenziale per il futuro ma anche di tante incertezze: se si ritiene ormai certo che il Tablet non sostituirà in futuro lo Smartphone, è ancora da capire se sarà in grado di sostituire i Laptop.
Al momento l’attuale offerta di servizi Mobile Banking è disponibile su quattro “piattaforme tecnologiche”: Sms, Sim toolkit, Mobile Site e App.
Gli Sms sono utilizzati dalla quasi totalità (91%) delle banche analizzate che offrono servizi di Mobile Banking.Relativamente al “dualismo” tra App e Mobile Site, al momento sembra prevalere l’orientamento verso la versione del sito ottimizzata per il Mobile (91%), ma si sottolinea la rapida diffusione delle App che attualmente sono adottate, a fianco del Mobile Site, dal 70% delle banche analizzate. Ad oggi un buon 15/20% degli utenti le utilizzano entrambe per la medesima attività.
“Alcuni casi in Italia, come per esempio la ricerca localizzata degli ATM, o all’estero, come l’incasso di assegni attraverso codici bidimensionali dimostrano che il Mobile consente di sviluppare servizi completamente nuovi accanto a quelli tradizionali, con limitati vincoli tecnologici o infrastrutturali, visto la diffusione di esperienze d’uso e delle connessioni in mobilità, con il broadband che ha raggiunto il 43% tra i possessori di cellulare – aggiunge Romano Stasi, Segretario Generale di ABI Lab – La sicurezza nei sistemi Mobile, inoltre, a livello tecnologico, è paragonabile a quella nell’Home Banking, tanto che una rilevazione ABI Lab evidenzia l’assenza di frodi nel 2011 sul canale Mobile. All’utente, ovviamente, resta sempre il compito di vigilare sulla riservatezza dei codici di accesso e sul phishing”.
I servizi bancari attraverso la Sim sono offerti dal 13% delle banche analizzate: si tratta spesso di banche di grandi dimensioni con un forte legame con un operatore telefonico. Le funzionalità offerte tramite tale piattaforma ricalcano quelle sulle altre piattaforme Mobile sulle quali sono attive.
Relativamente all’offerta su Tablet, infine, siamo ancora in una fase esplorativa tanto che nella maggior parte dei casi i servizi offerti sono una semplice trasposizione dei servizi per PC, per browsing o Smartphone e per le App.
Relativamente al dettaglio delle funzionalità offerte sulle due piattaforme tecnologiche più innovative, le App e i Mobile Site, dal confronto non emerge nessuna differenza rilevante: il 100% delle banche che offrono servizi su queste piattaforme sono partite dal saldo e lista movimenti del conto corrente.
Quasi la totalità delle App e dei Mobile site delle banche permette ai propri utenti di usufruire delle principali attività dispositive come l’effettuazione di bonifici e la ricarica del cellulare. Le App prevalgono sul Mobile Site nell’offerta di servizi di Trading e nei servizi di geolocalizzazione (utilizzati per la ricerca di ATM e filiali), per i quali il browsing non consente l’interazione con il Gps del telefono. Le banche misurano i parametri più semplici (ad esempio numero di download di App, nel 56% dei casi, o numero di accessi al sito Mobile, nel 60% dei casi), non ricorrendo a valutazioni più complesse, che possano ricondurre ad una migliore lettura di riduzione di costi o di aumento dei ricavi. Al momento non vengono analizzati parametri di relazione multicanale – ad esempio il tempo operatore liberato – o parametri sulla bontà delle soluzioni proposte – come il tasso di operazioni interrotte. Sono ancora poche le banche che monitorano il numero di utenti in rapporto agli utenti di Internet Banking da PC. L’analisi quantitativa si è concentrata solamente sugli utenti che hanno visualizzato informazioni sul proprio C/C e su carte di pagamento tramite Mobile Site o App. Il 57% degli uomini visualizza informazioni sul proprio conto e/o carte tramite Mobile rispetto al 45% delle donne; le fasce “meno giovani” e “più istruite” dimostrano un utilizzo maggiore dei servizi di Mobile Banking. Non si osservano invece grandi differenze geografiche tra gli utenti di Mobile Banking, – soltanto una prevalenza di concentrazione al nord est (55%) e al centro (54%) – né una proporzionalità diretta tra utilizzatori del servizio e ampiezza del centro abitato.
In merito al Sistema Operativo adottato, tra gli utenti di Mobile Banking prevalgono i possessori di iPhone (73%), seguiti da coloro che hanno Smartphone con sistema operativo Android (58%) e Rim/Blackberry (54%). È stata condotta una analisi qualitativa tramire la realizzaizione di focus group a cui hanno partecipato utilizzatori di Mobile Banking. È emersa la sensazione che attualmente l’utilizzo del canale risulti contestualizzato a specifiche situazioni ed esigenze, come lo “sfruttamento dei tempi morti” – ad esempio durante il percorso sui mezzi pubblici di trasporto oppure in una situazione di attesa -, o in risposta a una urgenza – controllo del proprio conto e dei relativi movimenti a seguito di un particolare avvenimento o ad disposizione di un bonifico in prossimità di una scadenza imminente. Inoltre, il Mobile, come successo con l’Internet Banking da PC, ha ampliato le ‘occasioni d’uso della propria banca’: alla sera, nel fine settimana e nei giorni festivi è possibile accedere al proprio conto, cioè in tutti quei momenti in cui la filiale non è aperta alla clientela.
Fino ad oggi le banche hanno posto l’attenzione principalmente su benefici poco quantificabili che toccano la sfera della comunicazione e del livello di servizio, ma è importante iniziare a focalizzare anche i benefici tangibili che è possibile riscontrare in termini di minori costi, nel medio/breve periodo, e maggiori ricavi nel medio/lungo periodo. La Survey ha evidenziato come nel futuro maggiore attenzione sarà prestata ad esempio alle attività di up-cross selling e all’acquisizione di nuovi clienti. Una delle principali sfide del futuro sarà l’utilizzo del canale Mobile, oltre che per favorire attività di up-selling/cross selling, anche per i servizi che vanno oltre la tradizionale offerta bancaria – quali possono essere il Personal Financial Management, il Money Transfer o attività commerciali – attraverso paradigmi che sono sempre più sfruttati in tutto il mondo digitale come i social network, il commercio elettronico, la localizzazione.
Per le banche continuerà ad essere necessario calibrarsi sul nuovo profilo evoluto dell’utente che vedrà sempre più estesa la propria “Mobile & digital life”. Un utente che vuole avere una relazione sempre più multicanale, nella quale scegliere di volta in volta il contatto più efficace con la propria banca, fenomeno che si sta manifestando in molti altri settori ad alta intensità di consumatori come l’Editoria e il Commercio.
Facebook “spia” le chat per scovare criminali informatici

Un apposito algoritmo utilizzato da Facebook consente di setacciare le conversazioni private degli utenti, allo scopo di identificare eventuali criminali informatici. Facebook si difende dicendo che il codice è molto sofisticato e evita falsi positivi, ma si parla già di grave violazione della privacy. Facebook entra infatti nelle chat private dei suoi utenti, anche se solo per motivi di sicurezza e solo per quelle conversazioni ritenute “sospette”. L’algoritmo, infatti, automaticamente è in grado di rilevare parole “sospette” e attivare il controllo sulla chat in corso. Al momento sappiamo solo che il codice non tiene d’occhio gli utenti che non figurano essere “chattatori abituali”, ma soltanto chi effettua conversazioni private con sconosciuti e con poca frequenza.
Ragazzo muove dopo aver giocato per 40 ore di fila a Diablo 3

Ha dell’incredibile la storia che proviene direttamente da Taiwan: un giovane di 18 anni muore dopo aver giocato per 40 ore consecutive a Diablo 3. I testimoni affermano che il ragazzo si è recato all’interno di un internet point acquistando crediti per le prossime 48 ore, prenotate appositamente per giocare 2 giorni di fila. Il ragazzo non avrebbe mangiato e bevuto nulla per 40 ore, fino al decesso. Blizzard ha già pubblicato una dichiarazione ufficiale: “Siamo addolorati per notizia e il nostro pensiero va alla famiglia in questo momento difficile. Pensiamo che non sia il caso di commentare in alcun modo prima di conoscere tutte le circostanze”.