
È diventato virale su TikTok un video girato a Venezia, che ha riportato l’attenzione su una funzione molto utile dell’ecosistema Apple: la rete Dov’è. Protagonista una turista americana, derubata della sua borsa contenente passaporto, carte, contanti e un paio di AirPods.
Come riportato dal Corriere della Sera, grazie alla funzione “Dov’è”, la donna è riuscita a rintracciare la posizione della borsa, risalendo così alla borseggiatrice, che è stata intercettata e affrontata fisicamente nelle calli veneziane. Una scena che ha sollevato più di qualche perplessità non solo etica, ma anche legale.
Il servizio “Dov’è” non si basa soltanto sul GPS. Il tracciamento dei dispositivi Apple, soprattutto quelli senza connettività autonoma come le AirPods, si appoggia a una rete anonima e cifrata di dispositivi Apple nelle vicinanze.
Ogni iPhone, Mac, iPad o Apple Watch connesso a Internet può agire come nodo della rete. Se un dispositivo come le AirPods viene smarrito o rubato, esso emette un segnale Bluetooth cifrato, che viene intercettato dai dispositivi Apple nei paraggi e inviato ai server Apple. Il proprietario potrà quindi vedere la posizione sulla mappa nell’app Dov’è, anche se il dispositivo non è connesso.
Nel caso della turista americana, proprio questa tecnologia ha permesso di seguire lo spostamento della borsa contenente le AirPods, fino a individuare la presunta ladra.
Se l’utente utilizza un dispositivo con chip U1 (iPhone 11 o successivi, Apple Watch Serie 6 o 7, AirTag, AirPods Pro 2), entra in gioco il Posizionamento Preciso: una modalità di tracciamento direzionale che indica visivamente la distanza e la direzione per raggiungere il dispositivo smarrito, con una precisione che può arrivare al centimetro.
Le AirPods della turista in questione non erano compatibili con Precision Finding, e quindi il tracciamento si è basato esclusivamente sulla posizione approssimativa rilevata dalla rete Dov’è.
Vale la pena ricordare che la localizzazione tramite Dov’è è precisa ma non sempre dettagliata al punto da individuare una persona in mezzo alla folla. In un contesto come Venezia, vedere un punto su una mappa indica una zona, ma non un volto. È molto probabile che la turista avesse già riconosciuto la ladra, e abbia usato il tracciamento solo per confermare i sospetti.
Di fatto però, quella della turista americana è una scelta altamente sconsigliata. Le leggi italiane non autorizzano interventi personali basati su semplici dati di geolocalizzazione, in quanto andrebbero avvisate le forse dell’ordine.
Tra l’altro, la polizia non può agire solo su segnalazione dell’app Dov’è, ma serve una denuncia formale e, in caso di abitazioni private, un decreto del giudice. C’è poi l’art. 392 del Codice Penale che punisce l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni, senza tener conto che un confronto diretto con un ladro potrebbe esporre a gravi rischi fisici.
Inseguire o affrontare un ladro può trasformare la vittima in un aggressore agli occhi della legge, specie se si usano mezzi coercitivi. La legittima difesa è ammessa solo in caso di pericolo immediato e proporzionato. Insomma: il consiglio è sempre di contattare le autorità, non di improvvisarsi detective.
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