OpenAI vuole comprare Google Chrome. È quanto emerso da una testimonianza ufficiale durante un processo antitrust che vede protagonista Google e il suo dominio sul mercato della ricerca online.
A rivelarlo è stato Nick Turley, responsabile di prodotto per ChatGPT, durante un’udienza in tribunale negli Stati Uniti. Secondo quanto riportato da The Information, OpenAI sarebbe pronta a valutare seriamente l’acquisto del browser Chrome, nel caso in cui Google fosse costretta a dismetterlo come misura correttiva dopo la condanna per comportamento anticoncorrenziale.
La vicenda nasce da una causa intentata dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che lo scorso anno ha visto Google condannata per aver mantenuto illegalmente un monopolio nel settore delle ricerche online. Ora, si è aperta la fase dedicata alla definizione delle “punizioni” o, come vengono chiamate in ambito legale, le “remedies”.
Tra queste, spicca una proposta che ha del clamoroso: obbligare Google a vendere Chrome, il browser più utilizzato al mondo, che da solo vale una posizione dominante nell’accesso alla ricerca online.
Perché OpenAI sarebbe interessata a Chrome?
L’interesse di OpenAI per Chrome non nasce dal nulla. Turley ha spiegato che l’accesso ai dati in tempo reale di Google, attualmente negato, sarebbe fondamentale per migliorare prodotti come SearchGPT, la versione del chatbot pensata per integrarsi con funzionalità simili ai motori di ricerca.
Nel 2024, OpenAI aveva chiesto ufficialmente a Google l’accesso ai dati di ricerca, ma la richiesta è stata respinta. Il controllo quasi assoluto di Google sulla raccolta, l’analisi e la distribuzione dei dati di ricerca, di fatto, ostacola la concorrenza, compresa quella rappresentata da modelli linguistici avanzati come quelli di OpenAI.
Secondo Turley, se OpenAI potesse accedere a quel flusso di dati o addirittura a Chrome stesso, sarebbe in grado di sviluppare prodotti più avanzati, più velocemente e in maniera più competitiva.
Sempre durante la sua deposizione, Turley ha anche confermato che OpenAI ha offerto ad Apple una quota dei ricavi generati dall’integrazione di ChatGPT in Siri. Tuttavia, non è chiaro se Apple abbia accettato, anche se precedenti indiscrezioni parlavano di un accordo “bilanciato”, dove nessuna delle due parti paga l’altra, almeno inizialmente.
Questo dettaglio sottolinea ulteriormente quanto l’intelligenza artificiale generativa sia oggi al centro delle strategie di monetizzazione di aziende come Apple e OpenAI, e quanto i dati siano la nuova valuta del web.
E Chrome non è l’unico asset che potrebbe finire in discussione. Il Dipartimento di Giustizia ha anche proposto, come misura estrema, la cessione di Android da parte di Google, nel caso in cui le altre soluzioni non fossero sufficienti a garantire un reale riequilibrio del mercato. Il messaggio è chiaro: Google non potrà più “fare sistema” tra browser, motore di ricerca, OS e accordi miliardari (come quello con Apple per essere il motore predefinito su Safari).
La mossa di OpenAI, al di là del realismo commerciale, è strategica: non tanto perché voglia davvero “comprare un browser”, quanto perché vuole inserirsi a pieno titolo nel gioco del search, oggi ancora controllato da pochissimi player.
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