I giudici hanno respinto una class action che accusava Apple e il suo App Store di monopolio.

La sentenza di 24 pagine afferma che i querelanti hanno fatto un pessimo lavoro nell’esporre il loro caso, ma in altri punti mette Apple in una posizione molto forte in relazione ad altri casi antitrust contro l’App Store e il suo presunto monopolio.
La causa era stata presentata dagli sviluppatori di Coronavirus Reporter, la cui app venne eliminata da Apple in base alle regole dell’App Store, che consentono app di questo tipo solo se provengono da enti sanitari governativi ufficiali
Gli sviluppatori hanno affermato che Apple ha usato il suo potere monopolistico per escludere Coronavirus Reporter dall’App Store, a beneficio dei propri partner istituzionali. L’azienda si è sempre difesa dicendo che app legate al coronavirus possono contenere informazioni fasulle e pericolose, e per questo sarebbero state accettati su App Store solo titoli sviluppati per conto di enti sanitari ufficiali. L’accusa aggiungeva anche che Apple ha più volte usato politiche simuli per escludere altre app dallo store, soprattutto quando concorrenti di servizi Apple.
La richiesta della class action era quella di impedire ad Apple di poter scegliere quali app tenere fuori dall’App Store e di eliminare la quota annuale di 99$ prevista per chi vuole pubblicare app sullo store ufficiale.
Il giudice distrettuale degli Stati Uniti Edward Chen ha respinto la richiesta di ingiunzione e l’intera causa. Nella sentenza, si legge che i querelanti non sono riusciti a definire correttamente il mercato in cui Apple deterrebbe questo presunto monopolio: quello degli smartphone, quello delle app istituzionali o quello della distribuzione generica di app?
Nel tentare di colmare questa lacuna, i querelanti hanno parlato di vari mercati, come quello degli smartphone negli USA, quello delle app per smartphone, ma anche quello delle app per iPhone. Il giudice ha comunque concluso che queste definizioni di mercato erano poco chiare e del tutto inutili per poter far proseguire la causa.
La difesa di Apple è stata sempre la stessa. Gli utenti hanno la libertà di scelta tra iOS e Android, per cui non esiste alcun monopolio dell’App Store nel mercato delle app mobile. Inoltre, iOS detiene una piccola percentuale del mercato smartphone, visto che la maggior parte degli utenti possiede un terminale Android, facendo così cadere l’accusa di posizione dominante.
Vari regolatori in Europa e negli Stati Uniti tendono a ritenere però che il mercato rilevante sia quello delle app iOS, dove Apple detiene il monopolio del 100% poiché gli sviluppatori non possono portare app su iPhone se non tramite App Store.
Anche su questo punto, il giudice è andato oltre, stabilendo che anche laddove Apple detiene innegabilmente una posizione monopolistica, ciò non è necessariamente una violazione dell’antitrust.
La maggior parte dei mercati identificati sono mercati monomarca, in cui Apple è intrinsecamente e necessariamente l’unico partecipante. Gli sviluppatori non sono riusciti a dimostrare che questa posizione in un mercato monomarca ha dato luogo ad una violazione antitrust.
Chen ha paragonato l’App Store a un giornale che pubblica annunci pubblicitari. Se un giornale accetta alcuni annunci e si rifiuta di stamparne altri, l’inserzionista rifiutato non ha subito un danno antitrust. Una vera violazione dell’antitrust assomiglierebbe più a un giornale che impedisce agli inserzionisti di promuovere un servizio concorrente.
Questa sentenza è molto importante per Apple, perché potrà essere usata in altri casi simili.