A New York c’è un laboratorio “sblocca iPhone” da 10 milioni di dollari

Un super laboratorio dove è possibile hackerare gli iPhone è stato realizzato al centro di New York.

Il procuratore distrettuale di Manhattan Cy Vance Jr. ha realizzato e supervisiona un laboratorio forense con tecnologie di ultima generazione, il cui costo totale ha superato i 10 milioni di dollari. Il laboratorio è stato creato appositamente per sbloccare e hackerare gli iPhone.

crack iphone

Come riporta Fast Company, questo laboratorio è dotato di hardware “strabiliante” e di un team di esperti di tecnologia e sicurezza, tra i quali figurano molti ex militari. Nella struttura si trova una camera di isolamento a radiofrequenza che impedisce l’accesso da remoto agli iPhone coinvolti in indagini, evitando ad esempio che i dati vengano cancellati.

Solo in questo momento, il team di Vance ha migliaia di iPhone in fase di cracking. Ci sono anche un supercomputer che genera 26 milioni di passcode casuali al secondo, un robot in grado di rimuovere i chip di memoria senza usare fonti di calore e strumenti specializzati per riparare i dispositivi danneggiati per renderli nuovamente accessibili.

Tutti gli iPhone sono collegati a computer che generano passcode nel tentativo di scovare la chiave corretta, che a volte richiede di passare attraverso decine di migliaia di combinazioni di numeri. Coloro che lavorano presso la struttura tentano anche di restringere le possibilità utilizzando date di compleanni, date significative e altre informazioni che potrebbero essere utilizzate su un iPhone specifico.

Un software proprietario tiene traccia di tutti gli iPhone presso la struttura, con tanto di lista di priorità che mette in cima ii dispositivi che devono essere sbloccati il prima possibile.

In passato, Vance è stato uno dei maggiori critici di Apple e ha invitato più volte il governo a introdurre una legislazione anti-crittografia per facilitare agli agenti delle forze dell’ordine l’accesso agli iPhone durante le indagini penali. Secondo Vance, l’82% degli smartphone che entrano nel laboratorio sono bloccati e il suo team è in grado di sbloccarne circa la metà. I frequenti aggiornamenti software di Apple rendono sempre più difficile completare queste operazioni su iPhone, per questo spesso è molto importante la tempestività.

Vance ritiene che non sia giusto che Apple e Google possano impedire agli agenti delle forze dell’ordine di accedere agli smartphone. Il procuratore afferma che alle forze dell’ordine è stata affidata la responsabilità di “proteggere i cittadini“, ma Apple e Google hanno un accesso limitato alle informazioni “solo perché lo dicono loro“. Vance ritiene che dovrebbe esistere un “equilibrio” tra la tutela della privacy degli utenti e la giustizia per le vittime dei reati:

Questa non è la loro battaglia. E non è la loro battaglia perché c’è qualcosa di più grande in ballo, piuttosto che la loro personale percezione su dove e come bilanciare la privacy e la sicurezza pubblica. La cosa più importante è che hai delle vittime e hai una comunità di forze dell’ordine che ha degli imperativi forti che dovrebbe essere riconosciuta e bilanciata in modo equo dai capi di Apple e Google. Oggi, penso che tutto sia sbilanciato.

Apple ha sempre spiegato che fornisce alle forze dell’ordine tutti i dati dei backup iCloud, visto che non è possibile accedere fisicamente ai dati memorizzati su iPhone. Su questo punto, Vance afferma che un criminale serio non ha un backup su iCloud. Inoltre, un utente può anche scegliere quali informazioni archiviare in remoto e quali no.

Le forze dell’ordine possono anche ottenere altri dati del dispositivo come l’ora e il luogo di una telefonata dalle carte SIM o dagli operatori telefonici, ma il procuratore afferma che la differenza è tra la capacità di leggere una lettera (l’accesso ad un iPhone) e l’essere limitato alla sola lettura della busta.

Vance conclude affermando che il suo laboratorio non è la risposta a questi problemi, poiché la maggior parte delle forze dell’ordine negli Stati Uniti non può permettersi di fare il lavoro che il cyber lab di New York fa.

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