Continua la diatriba tra l’FBI ed Apple per quanto riguarda la richiesta di sbloccare gli iPhone dell’attentatore che ha sparato nella base aeronavale di Pensacola, in Florida.
Il Wall Street Journal ha pubblicato nuovi dettagli sulla vicenda. A quanto pare, i due iPhone appartenenti all’ufficiale saudita che ha ucciso tre militari americani sarebbero un iPhone 5 e un iPhone 7. Si tratterebbe quindi di due dispositivi abbastanza datati, la cui sicurezza è inferiore rispetto ai modelli più recenti.
La tesi dell’FBI appare abbastanza chiara: se società terze possono sbloccare questi iPhone anche senza una backdoor, perché Apple rifiuta di farlo? Già nel 2015, con il noto caso San Bernardino, l’FBI si affidò ad una società israeliana per sbloccare l’iPhone 5 dell’attentatore, proprio perché Apple aveva dichiarato di non poter in alcun modo accedere ai dati degli iPhone protetti da password.
Anche questa volta, uno dei due dispositivi è proprio l’iPhone 5. Questo significa che potrebbe essere utilizzato lo stesso exploit sfruttato nel 2015, ma Apple ha già dichiarato che non può effettuare questa operazione. A questo punto, non è escluso che l’FBI possa chiamare nuovamente la Cellebrite per sbloccare anche gli iPhone dell’attentatore di Pensacola.
Se si fosse trattato di iPhone XS o modelli successivi, allora la tesi di Apple sull’impossibilità di effettuare uno sblocco era difficile da smentire. Trattandosi però di due modelli più datati, sui quali sono già stati scovati alcuni exploit, i dubbi rimangono.