Facebook ha citato in giudizio una società israeliana per un hack su WhatsApp che ha permesso a vari governi di spiare più di 1.000 utenti. L’attacco è stato reso possibile da una vulnerabilità di sicurezza nell’app, successivamente risolta dall’azienda.

WhatsApp ha citato in giudizio la società di sorveglianza israeliana NSO Group, accusata di aver aiutato spie di vari governi a irrompere nei telefoni di circa 1.400 utenti sparsi in quattro continenti. Tra gli obiettivi c’erano anche diplomatici, dissidenti politici, giornalisti e alti funzionari del governo. Secondo Facebook, l’hack ha aiutato le spie governative a perpetrare atti di violenza contro diverse vittime in Messico, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e diversi altri stati.
Per WhatsApp si è trattato di un “inconfondibile modello di abuso“. La NSO ha negato le accuse.
Rimanendo sempre in ambito legale, Facebook ha finalmente accettato di pagare una multa di 644.000 dollari per non aver impedito a Cambridge Analytica di abusare dei dati degli utenti del social network. La società ha accettato di pagare la multa solo a condizione di non dover ammettere pubblicamente di aver commesso un errore. Facebook non ha quindi ammesso alcuna responsabilità, limitandosi a dire che “avrebbe voluto fare di più per indagare meglio su Cambridge Analytica“.
Ricordiamo che Cambridge Analytica utilizzò alcuni quiz sulla personalità organizzati su Facebook per raccogliere dati degli utenti e utilizzarli per influenzare le elezioni presidenziali statunitensi del 2016. L’aspetto più eclatante era che i dati ottenuti non erano limitati a coloro che rispondevano al quiz: includevano anche alcuni dati appartenenti ai loro amici su Facebook.