Il CEO di Google ammette: “La privacy non può essere solo un bene di lusso”

Alla fine anche Google si arrende e fa un passo indietro sulla privacy, ammettendo per la prima volta che si tratta di un diritto che deve essere tutelato su qualsiasi piattaforma e dispositivo, e non solo su “prodotti costosi e servizi premium”.

In una recente dichiarazione rilasciata al New York Times, il CEO di Google Sundar Pichai fa un riferimento indiretto ad Apple quando parla di privacy:

Con gli ultimi prodotti e aggiornamenti presentati da Google, siamo rimasti concentrati su funzionalità che rendono la privacy una realtà per tutti. E “per tutti” è una filosofia fondamentale per Google, visto che la nostra mission è quella di creare prodotti universalmente accessibili e utili. Ecco perché la ricerca sul nostro motore di ricerca funziona allo stesso modo per tutti, che tu sia un professore di Harvard o uno studente nelle zone rurali dell’Indonesia.

La nostra mission ci impone di adottare ora lo stesso approccio sulla privacy. Per noi, questo significa che la privacy non può più essere un bene di lusso offerto solo a persone che possono permettersi di acquistare prodotti e servizi premium. La privacy deve essere equamente disponibile per tutti nel mondo.

Quando Phicai parla di prodotti e servizi premium si riferisce ovviamente ad Apple, visto che Tim Cook ha fatto della protezione della privacy il suo cavallo di battaglia per tutti i dispostivi e i servizi gestiti dalla sua azienda. Lo stesso Tim Cook ha ribadito più volte che Apple non vende i dati degli utenti, mentre altre aziende (Google…) fanno del cliente il loro prodotto principale.

Adesso, il CEO di Google ha sentito il bisogno di fare un passo indietro e di contestare la storia secondo cui Google si occupa esclusivamente dei dati degli utenti da vendere agli inserzionisti. La “nuova” Google seguirà due regole d’oro: Google non venderà mai alcuna informazione personale a terzi; sarà l’utente a decidere come vengono utilizzate le sue informazioni.

Pichai ha spiegato anche come la condivisione di alcuni dati può essere utile per migliorare servizi e prodotti: “Utilizziamo i dati per migliorare Google Assistant, ad esempio per facilitare la prenotazione di un’auto durante il tuo viaggio. Ti spieghiamo come navigare verso casa e come condividere le foto delle vacanza con un clic”.

E ancora: “Tutti i nostri prodotti e servizi utilizzano dati anonimi in forma aggregata per essere più utili per tutti gli utenti“.

Sugli annunci pubblicitari: “In terzo luogo, un piccolo sottoinsieme di dati ci aiuta a pubblicare annunci pertinenti e a fornire le entrate che consentono di mantenere i servizi gratuiti e accessibili per tutti. Queste entrate sostengono anche una vasta comunità di creatori di contenuti, che a sua volta aiuta a mantenere i contenuti sul web gratuiti per tutti. I dati utilizzati negli annunci potrebbero essere basati, per esempio, su qualcosa che hai cercato o su un negozio online che hai consultato in passato. Non includono i dati personali in app come Documenti o Gmail. Tuttavia, se ricevere un’esperienza di annunci personalizzati non è utile per te, puoi disattivarlo. La scelta è tua e cerchiamo di renderla semplice“.

Pichai appoggia anche la richiesta di Tim Cook di una legge federale sulla privacy sulla falsariga GDPR europeo, così da tutelare al meglio i dati degli utenti.

Dopo Facebook, anche Google sembra fare della privacy un elemento fondamentale delle strategie presenti e future. Merito, anche, di Apple?

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