Qualcomm ha mostrato un lettore di impronte digitali che può essere integrato sotto il display di uno smartphone, anticipando quello che potrebbe essere una caratteristica dell’iPhone 8. Intanto, continua la battaglia legale proprio tra Qualcomm e Apple…
Fino ad oggi, l’idea di integrare un lettore di impronte digitali nel display si è limitata a qualche brevetto, visto che ad oggi nessuno smartphone offre una caratteristica di questo tipo. Il sensore creato da Qualcomm è in grado di lavorare sotto 800 micrometri di vetro e funziona anche sul metallo, sfruttando la scansione ad ultrasuoni che può anche monitorare la frequenza cardiaca dell’utente. Per mostrare al pubblico questo sensore, Qualcomm ha utilizzato uno smartphone-prototipo della Vivo.
Chi è riuscito a provare questo sensore ammette che si tratta di una tecnologia davvero interessante, anche se al momento più lenta rispetto alle altre soluzioni proposte fino ad oggi (vedi il Touch ID Apple). Si tratta, però, solo di una demo e l’azienda assicura che la velocità sarà pari a quella dei classici sensori.
Secondo alcuni rumor, il nuovo sensore Qualcomm sarà integrato nei primi smartphone Android solo agli inizi del 2018, quindi dopo l’iPhone 8 che, salvo sorprese, dovrebbe integrare proprio una tecnologia simile.
Intanto, la Federal Trade Commission degli Stati Uniti sembra intenzionata a dare ragione ad Apple e a condannare Qualcomm per comportamento anticoncorrenziale. Il tutto è iniziato con una denuncia da parte di Apple, nella quale si affermava che Qualcomm aveva richiesto pagamenti per royalties di brevetti di cui non deteneva alcun diritto, arrivando a chiedere fino ad 1 miliardo di dollari per assicurare le forniture dei processori baseband degli iPhone. In totale, Qualcomm avrebbe “estorto” ad Apple 1 miliardo di dollari, che ora l’azienda richiede nella querela presentata nei mesi scorsi. Apple accusa Qualcomm anche di aver illecitamente aumentato i prezzi rispetto alla concorrenza, giocando proprio sulle non veritiere – dice Apple – royalties. In pratica, per gli avvocati di Apple, Qualcomm ha usato il suo “potere di monopolio” per non rispettare gli impegni FRAND (quelli che obbligano a concedere alcuni brevetti considerati standard del settore in modo equo, ragionevole e non discriminatorio) , facendo quindi pagare royalties molto più alte. La contro querela presentata da Qualcomm nega queste accuse e parla di semplice volontà dell’azienda di Cupertino di avere minori costi di licenza.