Il caso San Bernardino e gli ultimi sviluppi in casa Apple

Continua l’infinita telenovela tra Apple e FBI, con le ultime dichiarazioni del capo della polizia di San Bernardino e dell’assemblea degli azionisti Apple.

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Jarrod Burguan, capo della polizia di San Bernardino che ha guidato le indagini dopo la strage dello scorso dicembre, ha affermato che all’interno dell’iPhone 5c del terrorista Syed Rizwan Farook “molto probabilmente non c’è nulla che possa avere valore per le indagini”. Lo stesso Burguan ritiene per che Apple debba fornire l’accesso all’iPhone incriminato se l’FBI ritiene che al suo interno possano esserci informazioni importanti: “Si tratta di una battaglia che serve a non lasciare nulla al caso ed evitare il rischio di perdere dati importanti che appartengono al terrorista. Si tratta di un atto dovuto anche per le famiglie delle vittime. Tra l’altro, la tecnologia corre velocemente e qualsiasi cosa venga inserita ora su iOS, sarà tolta con un successivo update”. 

Le perplessità del capo della polizia sulle informazioni contenute in questo iPhone 5c sono giustificate dal fatto che questo smartphone era aziendale ed era stato fornito dal datore di lavoro del terrorista. L’iPhone personale di Farook, dove probabilmente vi erano molte più informazioni, è stato distrutto dallo stesso terrorista prima di compiere la strage.

Poche ore fa, Apple ha fatto sapere anche che ha fornito all’FBI tutte le informazioni richieste, appena tre giorni dopo gli attacchi terroristici. Le forze dell’ordine hanno contattato il centralino di emergenza di Apple il pomeriggio del 5 dicembre, e subito dopo Apple ha fornito tutti i dati in suo possesso ricuperabili dall’iPhone 5c incriminato. Lo stesso giorno, Apple ha consegnato due plichi di fogli con tutte le informazioni richieste dal giudice, dimostrando che l’azienda ha aiutato le forze dell’ordine fin dove possibile. Le informazioni sul backup iCloud di Farook sono invece state fornite il 22 gennaio, dopo la nuova richiesta da parte del giudice. Tra l’altro, gli avvocati Apple fanno presente come l’FBI abbia subito pubblicato le richieste inviate ad Apple, adottando una procedura molto strana: solitamente, nelle indagini terroristiche, queste richieste vengono segregate, per evitare che eventuali complici possano insospettirsi ed eliminare tutti i dati importanti presenti sui propri dispositivi. Invece, secondo Apple, questa richiesta è stata resa pubblica al solo scopo di convincere l’opinione pubblica e creare poi un precedente.

Anche durante l’assemblea degli azionisti Apple che si è tenuta ieri, quello della privacy è stato uno degli argomenti trattati. Tim Cook ha ribadito l’intenzione della società di contrastare l’ordine del tribunale che costringerebbe gli ingegneri Apple e creare un software in grado di bypassare il sistema di sicurezza presente su iOS. Durante l’assemblea, Tim Cook ha promesso anche che Apple farà sempre meglio nell’ambito della diversità sul posto di lavoro, anche perchè gli ultimi dati sono molto incoraggianti, con sempre più donne e sempre più dipendenti di varie etnie che lavorano per l’azienda. L’assemblea ha comunque votato “no” ad una proposta per creare una sorta di “quote” di assunzione in base a sesso ed etnia.

Ricordiamo che, la scorsa settimana, un tribunale della California ha chiesto ad Apple di sbloccare l’iPhone 5c di uno dei terroristi della strage di San Bernardino, ma l’azienda ha risposto che da iOS 8 in poi è impossibile effettuare questa operazione. Il governo e l’FBI hanno quindi chiesto di installare una backdoor su iOS, ma per Apple un’operazione di questo tipo consentirebbe a qualsiasi criminale informatico di accedere a questa “chiave universale” e di controllare i dati sensibili memorizzati su qualsiasi iPhone sparso per il mondo. Tra l’altro, Apple avrebbe potuto fornire il backup aggiornato di questo iPhone, se solo l’FBI non avesse chiesto al datore di lavoro dell’imputato di cambiare la password dell’ID Apple (l’iPhone 5c, infatti, era dell’azienda ed era stato fornito in uso al proprio dipendente).

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