La nuova Apple è la “Apple di Tim Cook”

Da quando Tim Cook ha preso le redini di Apple quasi quattro anni fa, abbiamo assistito a un cambiamento graduale ma inesorabile che ha portato a novità che, probabilmente, mai avremmo visto con Steve Jobs come CEO. L’ultimo esempio è la questione Apple Music, con l’azienda di Cupertino ha cambiato idea sulle royalty da concedere agli artisti anche durante i tre mesi di prova gratuita. Ma Tim Cook ha cambiato anche altri aspetti dell’azienda.

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Partiamo proprio dalla questione Apple Music. La politica di cambiare rotta non è una novità per Apple. L’azienda abbassò il prezzo del primo iPhone negli Stati Uniti, per esempio, e lanciò il primo iPod video dopo che Steve Jobs aveva deriso qualche tempo prima l’idea di guardare filmati su un player MP3. Ma in tutti questi scenari, il cambiamento non è apparso non come un’inversione di rotta, ma solo come un “intendevamo farlo tutti insieme” o “ho solo detto che nessuno lo farebbe mai, perchè nessuno sapeva farlo nel modo giusto“. Nel caso Apple Music, invece, il cambio di rotta è apparso come una reazione diretta alla lettera-denuncia di Taylor Swift, con tanto di scuse velate da parte dell’azienda.

In secondo luogo, questo cambiamento è stato annunciato via Twitter. Apple è stata molto lenta ad abbracciare i social network (e su Facebook manca ancora la pagina ufficiale “Apple”), ma da qualche mese gli account dell’azienda relativi ai vari servizi come iTunes o Apple Music sono molto più attivi. Tradizionalmente, una mossa del genere sarebbe stata annunciata tramite un commento da parte di un portavoce ufficiale o, per le questioni più gravi, tramite comunicato stampa.

In terzo luogo, il messaggio su Twitter è stato scritto dall’account di Eddy Cue, VP Internet and Software Services dell’azienda. Durante il mandato di Steve Jobs, la stragrande maggioranza della comunicazione Apple proveniva dalla bocca diretta del CEO o, al massimo, dal team di pubbliche relazioni. Con Tim Cook, invece, Apple ha messo gli altri dirigenti in una posizione più visibile e pubblica, non solo durante i keynote, ma anche nelle comunicazioni ufficiali.

Volendo usare un termine calcistico, la specialità di Cook è la gestione dello spogliatoio. E’ qui che lui eccelle veramente. Tim Cook sa quando lasciare fare il loro lavoro ai vari team e non cerca di replicare il modo in cui Jobs gestiva l’azienda. Questo non significa che Tim Cook non sappia “comandare”, ma semplicemente sa quando fare un passo indietro dalle luci della ribalta. Gran parte delle sue uscite pubbliche riguardano argomenti a cui Jobs dedicava poco spazio: uguaglianza, diversità, salute.

Steve Jobs era un genio e nessuno può negarlo. Era anche un capo carismatico e in grado di far lavorare al massimo tutti i team in Apple, ma in un momento in cui le preoccupazioni ruotano intorno a questioni come la trasparenza, la reattività e i cambi di rotta, è difficile pensare che la sua testardaggine avrebbe prodotto risultati migliori rispetto a quelli ottenuti da Tim Cook in questi ambiti. La posa più rilassata di Tim Cook e il suo fascino bonario a lungo termine potranno ammorbidire l’immagine della società, anche se Apple continua a fare affari con spietata efficienza.

Ma il processo di cambiamento non è ancora finito. La Apple di oggi è ancora riconoscibile nell’azienda costruita da Steve Jobs, ma Tim Cook ha messo le basi e l’energia per un grande processo di ristrutturazione.

 

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