Debutto nazionale a Trieste, il 6 febbraio alle 21.30 per “Il tormento e l’estasi di Steve Jobs” dello statunitense Mike Daisey, regia di Giampiero Solari, protagonista Fulvio Falzarano. La nuova produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia è in scena alla Sala Bartoli fino al 24 febbraio.
Ecco la presentazione ufficiale dello spettacolo
Steve Jobs: un’icona del XXI secolo. Il suo ingegno ha cambiato il mondo, nessuno è rimasto escluso – nella nostra civiltà – dall’estetica e dagli agi della sua tecnologia. Di più: la sua utopia è stata determinante nell’immaginario collettivo. Basta pensare al suo celebre discorso agli allievi della Stanford University: «Siate affamati. Siate folli» esortazioni a non omologarsi, ad osare, che dal 2005 continuano a rimbalzare sul web. Come accade sempre per figure tanto straordinarie, anche quella di Jobs – e ancor più della sua Apple – presenta però dei lati oscuri e Mike Daisey, coraggioso drammaturgo americano, li evidenzia in un testo dinamico e acutamente critico. Proprio questa chiave di critica, di pensiero, di attualità mordente interessa al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia che dal 6 febbraio a Trieste, presenta in prima italiana il suo testo Il tormento e l’estasi di Steve Jobs affidato alla regia di Giampiero Solari e all’interpretazione di Fulvio Falzarano. Repliche fino al 24 febbraio al Politeama Rossetti di Trieste (Sala Bartoli) e poi in tournée nazionale (con un succedersi di date nei principali teatri italiani da ottobre 2013).
Un tipo di teatro, dunque, che si fa strumento di discussione viva e che ha suscitato notevoli reazioni polemiche: la Apple ha dovuto fare delle precisazioni dopo le prime repliche dello spettacolo negli Stati Uniti, ma anche Daisey si è visto costretto a dare conto di alcune sue “interpretazioni artistiche” non proprio rispondenti al vero, tanto che il suo testo continua tuttora ad essere aggiornato e dettagliato.
La versione in scena a Trieste è naturalmente quella corretta e più aggiornata, di un’attualità stupefacente se pensiamo che proprio nella giornata dell’anteprima (il 5 febbraio) l’edizione del Corriere della Sera riportava un importante articolo su Shenzen e sull’inizio di attività dei sindacati nei capannoni di cui proprio Daisey parla nel testo.
Grazie alla traduzione e all’adattamento di Enrico Luttmann e di un regista come Giampiero Solari attento al contemporaneo e dalla commistione dei linguaggi (alterna un’intensa attività teatrale a quella di autore e regista televisivo di notevolissimo successo, suo ad esempio lo show di Fiorello Stasera pago io), che è rimasto conquistato dal progetto, Il tormento e l’estasi di Steve Jobs approda dunque alla scena italiana.
A Fulvio Falzarano il compito di farsi tramite delle riflessioni di Daisey, che intreccia la luminosa epopea di Jobs alla rivelazione del profilo inquietante e taciuto del “prezzo” pagato per quella tecnologia che ha cambiato il mondo. Il regista e l’attore hanno lavorato proprio sull’equilibrio non scontato fra la condivisibile ammirazione per Jobs e Apple e la necessità di conoscerne anche i lati più discutibili. «Il teatro non giudica – sostiene Solari – ma offre sulla realtà un diverso, importante punto di vista».
Daisey è un convinto “seguace del culto di Mac”: ripercorre entusiasta i traguardi di Jobs esternando – in un divertente contrappunto – le sue (e nostre) smanie per ogni nuova creazione con la “mela”.
«Steve è stato bravissimo – scrive infatti – ci ha costretto ad aver bisogno di cose che non sospettavamo nemmeno di volere»: e così vai con i coloratissimi iPod, con gli iPhone, con la libertà assicurata dall’iPad… Libertà e purezza: l’attenzione al design e la tecnologia “alla portata di tutti” di Apple ci avevano forse illuso. Dietro il successo però c’è altro. L’assemblaggio dei nostri preziosi computer avviene a Shenzen, in fabbriche dove non vengono applicati né tutele né diritti degli operai… Fabbriche dove in nome del profitto 430.000 operai sono trattati da “ingranaggio umano” e dove il problema dell’alto tasso dei suicidi fra i lavoratori si è affrontato cinicamente installando reti sotto i capannoni. La Apple può ignorarlo?
Daisey denuncia, non condanna: augurandosi forse che la consapevolezza collettiva faccia sì che quella mela che illumina i nostri oggetti più amati, possa un giorno non nascondere alcuna ombra. E attraverso il teatro, ci invita ancora una volta a tenere “sveglio” il pensiero, a essere critici, fuori dagli schemi… Forse, come voleva Jobs stesso, ad avere il coraggio di essere – rispetto alla vita – “affamati e folli”.
Debutto nazionale: mercoledì 6 febbraio 2013, ore 21.30 – Sala Bartoli del Politeama Rossetti