Nell’aula di tribunale della Corte Federale di Oakland, Apple e Amazon si sono scontrate ancora una volta sull’uso del termine “App Store”. L’udienza in questione vede Amazon accusare Apple del fatto che tale termine è troppo generico per poter essere registrato, e proprio per questo motivo l’azienda ha tutto il diritto di utilizzarlo. Di contro, Apple sostiene che il termine “App Store” è stato coniato da lei e che è il punto di riferimento dei propri utenti per l’acquisto di applicazioni online. Proprio per questo, Apple ne controlla in modo esclusivo l’espressione e il suo uso nelle pubblicità on-line e sulle riviste.
Gli avvocati di Apple sostengono che “Il primo marchio di successo in un nuovo mercato fa da pioniere per un’azienda, svolge un ruolo chiave nell’educare i consumatori circa la categoria di prodotto a cui si riferisce e contemporaneamente aiuta ad affiliare il cliente al prodotto in questione e all’azienda che ha fatto da pioniere”.
I legali di Amazon la pensano invece diversamente: “Chiunque usi uno smartphone conosce la differenza tra il sistema iOS di Apple e Amazon. Dov’è la confusione? Apple crede che se Amazon usa il termine App Store, gli utenti potrebbero pensare di trovarvi applicazioni di qualità come si trovano nell’ecosistema Apple. Beh in realtà è così, per cui non vediamo alcun tipo di inganno da parte di Amazon”.
In realtà, durante il processo, Apple ha portato diverse prove e testimonianze di utenti che associano la parola “App Store” esclusivamente ai servizi offerti da Apple, anche se il giudice ha fatto notare che non vi sono prove concrete sul fatto che gli utenti possano confondersi se anche altre aziende utilizzano lo stesso termine.
Oltre ad Amazon, anche Microsoft ha contestato il marchio App Store di Apple, affermando che si tratta di un termine troppo generico. Insomma, la posizione Apple in questa causa appare debole.