Titus: politici per gioco – la recensione di iPhoneItalia

E’ difficile rimanere immuni al fascino di un gioco come Titus. Definirlo in un genere riconosciuto è quasi impossibile, e non si può nemmeno dire sia un gioco “divertente”, o “casual”. Titus è un qualcosa di bizzarro, che non sembra riuscire a decollare del tutto, ma che avvince per la sua ambientazione unica, i suoi toni cupi, e l’ammirevole complessità della sua atmosfera.


All’inizio del gioco, Titus è il classico “everyman”, un personaggio qualunque, grigio, tetro, inutile, immerso in un mondo vittoriano fatto di colori desaturati e tristi. Fa l’orologiaio in un paese grigio, Wealland, dominato malamente da un tiranno, Desmond. Finchè non riceve una lettera che lo invita ad entrare in politica per cercare di scalzare il corrotto e micidiale capo del governo del suo paese. Inutile negarlo: la trama pare scritta da Santoro, ma il gioco non è fatto in Italia e ogni riferimento a persone o fatti noti risulta del tutto casuale.
Ricevuta la lettera il nostro grigio omino pelato, con occhi sporgenti da branzino e un colorito degno di un morto vivente, senza farsi troppe domande “scende in campo”, e si cimenta in una complessa e lunga scalata al potere, che a partire dalle elezioni municipali lo porterà a contrastare il dittatore in persona. Vi sembra tutto irrealisticamente semplice? Non lo è, ma non si può negare che il livello di simulazione proposto da questo titolo sia ben lontano da ogni pretesa di realismo!

L’avventura di Titus è frammentata in una serie di “atti”, che riguardano ognuno il politico avversario di turno. I nostri avversari sono personaggi sempre più abbietti (con qualche eccezione!), sempre più corrotti e sempre più ricchi, e per batterli Titus dovrà darsi parecchio da fare e si troverà davanti ad una serie di scelte, di natura anche morale. Il gioco si svolge, in pratica, attraverso una serie di “turni”: all’inizio del proprio turno, il giocatore dovrà scegliere che tipo di azione intraprendere tra quelle possibili. Si tratta, ovviamente, delle tipiche mosse politiche: alcune decisamente ovvie (fare comizi, concedere interviste), altre parecchio più subdole (cercare informazioni losche con cui ricattare i propri avversari, o meglio ancora mettere in giro false voci). A seconda di quello che si decide di fare, si avrà o meno accesso ad una specie di “minigioco” relativo.


Se per esempio si sceglie di tenere un comizio, il gioco comporterà il cercare di parlare stando dietro ad un leggio, mentre la platea ci scagli addosso pomodori. Occorrerà spostare Titus a sinistra e a destra per farglieli schivare, e contemporaneamente mandare avanti il discorso, che va concluso in un certo lasso di tempo, rimanendo al centro del leggio. Altre attività, per esempio la calunnia, non comportano minigiochi di alcun tipo… ma indipendentemente dalla propria scelta ci sarà immancabile il momento della propaganda (distribuzione dei volantini). Si sceglierà quanti stamparne (ovviamente, tutto ha un costo!) e si procederà alla loro distribuzione attraverso un altro minigioco, simile in tutto per tutto ad un (brutto) clone di Doodle Jump.

A volte il minigioco verrà “innescato” da un’azione del nostro avversario: per esempio potrebbe toccarci di mettere a tacere delle maldicenze sul nostro conto, in una specie di gioco in stile Whack-a-Mole. Altre volte si preferirà cercare di ottenere dei soldi dai proprio “sponsor”, attraverso un tilt game dove si raccolgono in un cappello le banconote lanciate dall’alto. Le tipologie di questi giochini non sono nemmeno troppo varie… e la loro qualità è davvero scarsa: frustranti e ripetitivi, forniscono ben poco valore aggiunto al gioco e quello “obbligatorio” in stile Doodle Jump è anche, paradossalmente, il più fastidioso, grazie ad una tremenda lentezza dei controlli.

Al di là di questo, però, Titus ha anche altri problemi. La trama è interessante e anche se non è esattamente una sorpresa, rivela un paio di colpi di scena intriganti. Il problema è che risulta davvero difficile capire che strategia adottare per avanzare nel gioco, e si finisce per procedere a tentoni. Certe funzioni appaiono del tutti inutili, come quelle relative a rumori e maldicenze, che non funzionano mai. Altre finiscono per diventare molto ripetitive. E sebbene il gioco non sia nè particolarmente lungo, nè tantomeno complesso, ci si trova a volte bloccati contro determinati avversari… solo per riuscire a batterli, inspiegabilmente, al successivo tentativo, grazie a dei colpi di fortuna più o meno inaspettati.

L’impressione è quella di un gioco dove è stata dedicata molta attenzione al versante artistico ed all’originalità, ma molta meno al gameplay. Un po’ troppe cose in Titus vengono lasciate al caso, o non appaiono abbastanza chiare. I vari minigiochi diventano sempre più complessi con il proseguire della storia, e vengono inseriti nuovi elementi e power up, ma sono fondamentalmente poco divertenti, ancora meno originali e zero innovativi. Eppure, nonostante tutti i suoi indiscutibili limiti, Titus ha un fascino particolare: è molto più della somma delle sue parti, e nel suo mischiare strategia, management e minigiochi riesce a creare qualcosa di abbastanza innovativo da attirare l’attenzione.

Titus è un applicazione universale. Potete scaricarla su App Store a 1,59 €

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