Dopo la lettera di Tim Cook arrivano i fatti: Apple sta per depositare la sua memoria difensiva nel caso “San Bernardino” direttamente al Congresso degli Stati Uniti, per chiedere di rivedere la norma del 1789 su cui si basa l’FBI per chiedere di modificare il firmware dell’iPhone incriminato e accedere ai dati memorizzati al suo interno.
Il noto avvocato Theodore Boutrous Jr. rappresenterà Apple in questa dura lotta per evitare che il governo obblighi le aziende ad installare backdoor nei dispositivi: “Il governo sta cercando di spingere i giudici a fare quello che il Congresso non ha mai voluto fare” commenta l’avvocato, “Installare una backdoor nei dispositivi è qualcosa di molto pericoloso, ma questo comportamento del governo spazza via i poteri del Dipartimento di Giustizia e non permette al Congresso di legiferare e discutere su questo scottante argomento”.
I legali di Apple vogliono far valere i diritti dell’azienda citando il Primo Emendamento. Si tratta di una strategia legale che, secondo gli esperti, ha molto senso e potrebbe portare Apple alla vittoria.
Tra l’altro, a conferma dei timori di Tim Cook sul fatto che non si tratta di un “singolo caso”, ieri si è scoperto che l’FBI e il governo stanno cercando di costringere Apple a fornire i dati di altri 12 iPhone appartenenti ad indagati in diverse cause, nessuna delle quali è legata a fatti di terrorismo come quella di San Bernardino.
Intanto, nella giornata di ieri tantissime persone si sono radunate davanti ai vari Apple Store sparsi negli Stati Uniti per manifestare la loro vicinanza alla posizione di Apple. Il messaggio è chiaro: gli utenti non vogliono che Apple fornisca al governo la chiave universale per “spiare” tutti gli iPhone, visto che ci sarebbero forti rischi per la sicurezza dei dati memorizzati sul dispositivo. “Don’t Break Our Phones” è il messaggio scelto dal gruppo nato spontaneamente online.
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