Il Washington Post afferma che l’FBI ha continuamente gonfiato il numero dei dispositivi che non era in grado di sbloccare a causa della crittografia attivata dai produttori. Amplificando questi numeri, l’FBI cercava di convincere governo e opinione pubblica sull’importanza di avere accesso ai dati degli smartphone sequestrati.

In più di una dichiarazione, l’FBI ha sempre affermato di non essere riuscita ad accedere ai dati di quasi 7.800 dispositivi a causa del loro sistema di crittografia. A quanto pare, però, questo numero è stato ampiamente gonfiato. Stando a quanto riportato dal Washington Post, il numero reale di dispositivi che l’FBI non è riuscito a sbloccare rientra tra le 1.000 e le 2.000 unità. Anzi, una stima più precisa parla di soli 1.200 dispositivi.
Dopo la pubblicazione di questo report, l’agenzia si è affrettata a dichiarare che condurrà un’indagine interna per calcolare il numero corretto di dispositivi crittografati per i quali è stato impossibile accedere ai dati memorizzati al loro interno. Secondo la dichiarazione dell’FBI, l’errore di calcolo è stato causato dall’uso di tre diversi database che conteggiavano lo stesso telefono più volte.
Il problema è che l’FBI ha sempre sfruttato il numero di 7.800 dispositivi per criticare Apple e altri produttori di smartphone, rei di non voler aiutare l’agenzia nel facilitare lo sblocco di questi telefoni. Peccato che l’unico modo per garantire questo risultato sia quello di installare una backdoor negli smartphone, cosa che comprometterebbe la privacy e la sicurezza di milioni di dispositivi.
A conti fatti, e considerando i numeri reali, il problema è però meno grave di quanto l’FBI volesse farci credere.