La lotta di Apple a favore della privacy per allontanare sempre più Google?

E’ praticamente impossibile trovare un tipo di attività economica che non faccia uso dei dati dei propri utenti, sia esso un negozio della tua città o uno store online. In un modo o nell’altro, veniamo tutti catalogati in forma più o meno anonima, ed anche la ricerca sul web lascia log nei server dei vari fornitori di servizi, tracciando sempre in modo anonimo le nostre abitudini. Quello che si riceve in cambio è un’esperienza online più personalizzata e banner pubblicitari relativi alle nostre preferenze. Apple, però, sembra voler cantare fuori dal coro, come dimostra un recente brevetto pubblicato alcuni giorni fa pensato per rendere più difficile l’acquisizione di questo dipo di dati. Tale brevetto potrebbe sancire un ulteriore passo verso quell’allontanamento da Google iniziato con il nuovo Mappe su iOS 6.

Apple ha ideato un metodo per salvare l’identità online degli utenti, che nel brevetto viene definita la “Little Brothers Dataveillance”. Si tratta di un metodo che assiste gli utenti a mantenere nascosti e protetti i propri dati online i un Cyberworld che è in continua evoluzione in base ai profili di ciascun utente. Sembra che Apple sarà presto in grado di “salvarci” da questi “piccoli fratelli” del futuro, il tutto sfruttando semplicemente un ID iCloud. Il brevetto di Apple prevede l’utilizzo di un sofisticato sistema di inquinamento elettronico. Più precisamente, si tratta di un metodo per elaborare un’identità colmata in una determinata rete: l’identità principale viene clonata per formare una sorta di alter ego. L’utente assegna delle aree di interesse a questa identità clonata e le azioni vengono elaborate automaticamente su una rete e associate alle aree di interesse dell’identità clonata. Le azioni effettuate vengono quindi sfruttate al fine di inquinare le informazioni raccolte da chi “monitora” la rete.

Un’idea di questo tipo potrebbe effettivamente eliminare quasi del tutto la raccolta dei dati online: se ad esempio ci troviamo a Roma, utilizziamo un Mac e acquistiamo la biografia di Steve Jobs su Amazon, tutti questi dati vengono raccolti da Amazon stessa e probabilmente anche da Google (magari perchè la ricerca è partita proprio da lì). Con questo brevetto potremo far credere di aver comprato un altro libro, di utilizzare Linux e di essere a Milano. Insomma, non bloccherà la raccolta dei dati ma la renderà praticamente inutile.

Con iOS 6, Apple ha migliorato la ricerca attraverso Siri, con una serie di nuove partnership con aziende del calibro di Yelp ed Open Table. Questo riduce al minimo la necessità di utilizzare Google, con la possibilità di collegare le pubblicità di iAd a queste ricerche, pur mantenendo attivo il filtro di cui sopra. E tutto questo andrebbe contro le esigenze di Google, che non solo perderebbe milioni di ricerche online, ma si ritroverebbe anche con dati “fasulli” per i proprio banner pubblicitari da inviare agli utenti.

Apple potrebbe quindi sfruttare questo famoso brevetto per spazzare via gli avversari dal campo della pubblicità mobile, almeno sui proprio dispositivi. A tutto vantaggio di iAd.

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