L’App Tracking Transparency serve a risolvere un problema creato da Apple

La trasparenza del tracciamento sarebbe stata attivata da Apple per limitare la potena di controllo di iOS.

L’introduzione della funzione App Tracking Transparency da parte di Apple ha scosso il settore della pubblicità digitale, ma secondo un nuovo report la decisione di implementare questa tecnologia è stata presa non tanto per attaccare i rivali tecnologici, ma più per risolvere un problema introdotto dalla stessa Apple.

trasparenza tracciamento

Meta, ad esempio, è tra le società più colpite dalla trasparenza del tracciamento integrata in iOS, visto che la mancata possibilità di tracciare un numero considerevole di utenti per fini pubblicitari porterà a miliardi di dollari in meno di introiti. Tuttavia, sembra che l’intenzione di Apple abbia più a che fare con il tentativo di tutelare la privacy degli utenti limitando la potenza di un sistema che la stessa azienda aveva creato.

Come riporta The Information, diverse fonti interne ad Apple hanno insistito sul fatto che Meta e altre aziende non sono gli obiettivi primari dell’App Tracking Transparency, visto che lo scopo principale era quello di prevenire forme di tracciamento non autorizzate e sfruttate da professionisti del marketing.

I dirigenti Apple hanno riconosciuto di aver creato un grosso problema nel tracciamento digitale sviluppando l’Identifier for Advertisers (IDFA), un identificatore unico di dispositivo che i marketer hanno sfruttato per tracciare i dati di un dispositivo specifico ed erogare così pubblicità mirata. “Hanno aperto un proverbiale vaso di Pandora“, ha detto l’analista di Gartner Eric Schmitt.

IDFA è stato creato poco dopo che Erik Neuenschwander ha preso le redini del team di ingegneria della privacy in Apple, con lo scopo di offrire uno strumento relativamente innocuo per la pubblicità mirata. Piuttosto che un codice di tracciamento diretto che si associava a un dispositivo, IDFA utilizzava una stringa randomizzata di 32 caratteri per tracciare gli utenti da un dispositivo all’altro, con la possibilità per l’utente di disabilitarlo.

Tuttavia, poiché l’industria pubblicitaria è cambiata ed è diventata sempre più dipendente dal monitoraggio, il team Apple si è preoccupato del fatto che il monitoraggio stesse diventando troppo invasivo. In tanti combinavano i dati di app e servizi per creare profili, insieme ad alcuni IDFA abusivi per tenere traccia della posizione fisica di un utente.

Oltre alla raccolta di massa dei dati, il team di ingegneria della privacy di Apple ha scoperto che alcune app non rispettavano la scelta degli utenti di disabilitare l’IDFA, visto che alcuni sviluppatori ignoravano tali impostazioni. Nel 2016, Neuenschwander ha detto ai colleghi di essersi pentito di aver creato l’IDFA.

Nel 2019, a seguito delle pressioni dei sostenitori della privacy che volevano che Apple facesse di più, il capo dell’ingegneria software di Apple Craig Federighi disse al team sulla privacy di lavorare per risolvere il problema IDFA con “priorità elevata“.

Gli ingegneri senior specializzati in privacy hanno quindi trascorso diversi mesi a discutere dell’impatto che avrebbe avuto la limitazione dell’IDFA anche su App Store. Inoltre, c’era anche la preoccupazione che sviluppatori e inserzionisti si sarebbero spostati verso gli investimenti su Android anziché su iOS. Anche la rete pubblicitaria di iAd sarebbe stata interessata, dando motivo di preoccupazione a eventuali modifiche alla piattaforma di marketing di Apple.

Alla fine, i dirigenti hanno optato per ATT così com’è oggi, affidando il controllo all’utente in base all’app. Solo quattro persone hanno lavorato al progetto in nove mesi, in tempo per rilevare la novità alla WWDC 2020. Ulteriori modifiche sono state apportate su richiesta di Google e Meta, sebbene altre richieste siano state apparentemente rifiutate da Apple perché avrebbero minato la privacy degli utenti.

Poco dopo la sua introduzione, Apple ha dovuto fare i conti con gli sforzi per aggirare l’ATT, ma al momento la situazione sembra sotto controllo.

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