Monopolio App Store, la Corte Suprema si pronuncia contro Apple

La Corte Suprema degli Stati Uniti si è pronunciata pochi minuti fa, decidendo per l’autorizzazione a procere relativamente ad una causa antitrust contro Apple e il presunto monopolio dell’App Store.

La Corte Suprema ha confermato la decisione della Corte d’Appello del Nono Circuito per il caso Apple vs. Pepper, con 5 voti favorevoli e 4 contrari. Questo significa che Apple potrà essere citata in giudizio dai clienti per presunto monopolio dell’App Store.

Nella sua difesa, Apple aveva affermato che gli utenti iOS tecnicamente acquistano app dagli sviluppatori, mentre sono gli sviluppatori gli effettivi clienti Apple su App Store. Secondo una precedente dottrina legale nota come Illinois Brick, gli “acquirenti indiretti” di un prodotto non hanno la possibilità di presentare istanze antitrust. Ma nella decisione odierna, la Corte Suprema ha stabilito che questa logica non si applica nel caso Apple.

La corte fa comunque notare che si tratta di una prima decisione formale sul caso in oggetto, quindi al momento non si può ancora stabilire se Apple abbia effettivamente un monopolio illegale con il suo App Store. Questa decisione, però, consentirà ai clienti di citare in giudizio Apple per violazione delle norme antitrust.

La causa originale fu intentata nel 2011 da un gruppo di utenti iPhone, tramite una class action presentata alla corte federale della California. I querelanti sostenevano che il monopolio di Apple nel mercato delle app per iPhone limitava il libero mercato: il fatto che l’App Store fosse l’unica fonte dove poter scaricare applicazioni iOS avrebbe portato ad un aumento dei prezzi. In pratica, con la commissione del 30% applicata su ogni acquisto, di fatto Apple obbligherebbe gli sviluppatori ad aumentare i prezzi delle loro app. Inoltre, non essendo possibile pubblicare app su store alternativi o sui siti di ciascun sviluppatore, tale scelta strategica avrebbe avuto ripercussioni proprio sui clienti finali. La tesi è che Apple aggiunge una quota obbligatoria che poi gli sviluppatori trasferiscono sui clienti finali.

La difesa di Apple secondo gli utenti App Store non possono denunciare l’azienda in quanto non sono clienti diretti è stata ritenuta non valida dalla Corte Suprema: “I querelanti hanno acquistato app direttamente da Apple e quindi sono acquirenti diretti. I proprietari di un iPhone non sono i consumatori alla base di una catena di distribuzione verticale che stanno tentando di fare causa ai produttori nella parte superiore della catena. Apple sta semplicemente usando trucchi retorici per affermare che non è un venditore diretto, ma questi trucchi potrebbero consentire ad altre società di eludere le legittime rivendicazioni antitrust dei clienti”.

Ora c’è attesa per capire se la causa finale si concluderà con una condanna per Apple. In quel caso, l’azienda potrebbe essere costretta a rimborsare il “sovraprezzo” pagato dagli utenti (30%). Addirittura, Apple potrebbe essere obbligata ad aprire la sua piattaforma di app, consentendo agli sviluppatori di distribuire liberamente i propri titoli anche al di fuori dell’App Store.

Su quest’ultimo tema, i legali di Apple hanno affermato che i clienti sono liberi di acquistare app attraverso altri app store di altri sistemi operativi mobile. La Corte Suprema non ha ancora affrontato questi argomenti.

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