Smartphone sempre più “protetti”, l’FBI non è riuscita ad accedere ai dati di 6.900 dispositivi

L’FBI fa sapere di non essere riuscito a recuperare i dati da 6.900 smartphone sequestrati negli ultimi 11 mesi durante varie indagini. Riemerge l’annoso dilemma tra sicurezza e privacy degli utenti.

I dati sono stati condivisi dal direttore dell’FBI Christopher Wray durante la conferenza annuale dei capi dei corpi di polizia. Nei primi 11 mesi dell’anno fiscale corrente, l‘FBI non è riuscito ad accedere ai dati di 6.900 smartphone, praticamente la metà dei dispositivi totali sequestrati in questo periodo. Per Wray, l’impossibilità per l’FBI di accedere a questi dati è “un problema enorme“:

L’impatto sulle indagini in tutto il mondo – dal narcotraffico al terrorismo, dalla criminalità organizzata al narcotraffico, passando per lo sfruttamento dei minori e la lotta contro le gang – è enorme. Bisogna trovare una soluzione per consentirci di accedere ai dati dei dispositivi mobile sequestrati a pericolosi criminali.

Wray parla di 6.900 dispositivi in totale, senza però specificare di quanti iPhone si parla. Come sappiamo, proprio le ultime versioni di iOS e gli ultimi smartphone Apple rendono molto più complesso – se non impossibile – accedere ai dati del dispositivo senza conoscere la password di protezione.

Con l’ormai noto caso di San Bernardino, l’FBI riuscì a recuperare i dati da un iPhone 5c grazie all’aiuto della Cellebrite, azienda specializzata in sicurezza. Con gli iPhone successivi e i relativi aggiornamenti di iOS, la situazione è peggiorata ancora di più per l’FBI.

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