Spotify sposterà tutti i suoi dati sui server cloud di Google

Scelta coraggiosa e importante quella di Spotify, che ha ufficializzato la migrazione del proprio back end di 30 milioni di brani dai data center locali ai server cloud di Google. C’è chi vede in questo passaggio una futura acquisizione di Spotify da parte della stessa Google…

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Il motivo principale di questa migrazione è poter ottimizzare le risorse, delegando la scalabilità e la gestione dell’infrastruttura a Google al fine di concentrare gli sforzi sull’innovazione per gli utenti e sulla musica.

Solitamente, il mondo del cloud è diviso tra startup che desiderano scalare velocemente, e grandi aziende che non si vogliono occupare delle complessità tecnologiche. L’aspetto interessante è che Spotify non appartiene a nessuna di queste due categorie, trattandosi di un’azienda enterprise che però ha la tecnologia nel proprio core business. E considerata la dimensione della sua infrastruttura tech, la scelta del passaggio a Google nello scenario competitivo del cloud, è un segnale importante.

Non è certo facile spostare più di 75 milioni di utenti dall’infrastruttura proprietaria di un’azienda al cloud, ma per chi usa Spotify, dalle prossime settimane e nei prossimi mesi l’esperienza musicale passerà su Google Cloud Platform. Oggi, l’azienda ospita oltre 2 miliardi di playlist e permette l’accesso a più di 30 milioni di canzoni, e tutto sarà migrato nei nuovi server cloud di Google.

In questi anni, Spotify ha fatto sviluppare ai propri ingegneri l’infrastruttura di base, ha acquistato e noleggiato spazio nei data center, oltre a PC e infrastrutture di rete per fornire un’esperienza senza soluzione di continuità agli utenti, ma si è spesso chiesta se valesse la pena impegnare così tante risorse a discapito dello sviluppo di funzioni innovative e di software legate alle funzioni offerte agli utenti.

La decisione è stata quella di uscire dal business dei data center, per scegliere Google Cloud Platform dopo un’accurata valutazione di tutte le offerte sul mercato. La società ha suddiviso la migrazione a Google Cloud Platform in due parti: passaggio dei servizi e passaggio dei dati. Spotify fa funzionare i propri prodotti su una moltitudine di microservizi, molti dei quali stanno ora migrando dai data center locali al cloud di Google, grazie a Cloud Storage, Compute Engine e altri prodotti.

Con Compute Engine, i team possono contare su prestazioni costanti di SSD ad alto IOPS e capacità di storage locale SSD. E’ anche possibile creare applicazioni a basso costo che utilizzano solo la giusta quantità di risorse necessarie in ogni momento. Per lo storage, Spotify sta implementando Cloud Datastore e Cloud Bigtable. Spotify sta anche implementando i servizi di Cloud Networking di Google, come Direct Peering, Cloud VPN e Cloud Router, per trasferire petabyte di dati.

Per la gestione dei dati, l’azienda sta adottando un’insieme di tecnologie completamente nuove. Sono comprese la migrazione da Hadoop, MapReduce, Hive e da una serie di strumenti di dashboard locali, per dotarsi di strumenti di data processing, compresi Google Cloud Pub/Sub, Dataflow, BigQuery, e Dataproc.

 

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